Documentazione evento:
“Per noi uomini e per la nostra salvezza – Et incarnatus est” è stato il tema trattato nel corso della terza giornata di spiritualità e cultura de La Nuova Regaldi, tenutasi domenica 13 dicembre presso l’Abbazia benedettina dell’Isola di san Giulio. Sezione del Credo, simbolo della fede che prepara direttamente al Natale, collocato cronologicamente a nove mesi dal mistero dell’Incarnazione, cioè della concezione di Gesù, celebrata nella solennità dell’Annunciazione a Maria il 25 marzo.
L’argomento dell’Incarnazione è arduo, poiché rappresenta una sfida sul piano logico: pensare che il divino, ciò che è perfetto e incorruttibile, possa diventare umano, carne imperfetta e corruttibile, sfugge alle nostre categorie di pensiero. Inoltre, c’è il rischio di non capire l’originalità del messaggio cristiano, se ci si limita a compararlo con filosofie e culti misterici che non sono strettamente connessi con la sua storia, dimenticando la sua continuità con la storia del popolo di Israele, da cui il Cristianesimo trae la sua origine.
Don Silvio Barbaglia ha presentato l’Incarnazione, avvenimento fondamentale della fede cristiana, per mezzo di una rilettura originale di due testi: il Prologo del Vangelo di Giovanni (Gv 1-1-18) e l’inizio del libro della Genesi (Gen 1,1-5). I due testi hanno un’assonanza che non sfugge nemmeno al fedele inesperto di sacre scritture: “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1) e “In principio era il Verbo (Gv 1,1). Don Barbaglia ha approfondito il senso dell’analogia. Il quarto Vangelo è molto complesso dal punto di vista teologico, e fa supporre che il suo autore non fosse un semplice pescatore, come vuole la tradizione, ma un teologo ebraico dotato di una grande conoscenza delle Scritture. Proprio per questo, nel momento in cui volle narrare l’esperienza di Gesù Cristo, da cui era stato coinvolto, e il suo impatto sconvolgente nella storia umana, si rifece al testo fondante della fede di Israele: la Torah. L’inizio della Torah, il testo sacro per gli Ebrei, coincide con quello che per il Cristianesimo è l’inizio del libro della Genesi. In particolare, la prima parola, Bereshit, ovvero “In principio”, viene ripresa da Giovanni all’inizio del suo racconto evangelico.
Da questa prospettiva, l’autore del quarto Vangelo compie il gesto più grande che può derivare dalla sua esperienza di studioso della Torah: una sorta di riscrittura della storia della Creazione adattandola alla vicenda di Cristo. L’impiego della parola Bereshit, oltre ad alcuni riferimenti linguistici e all’analogia della struttura, collega direttamente il Prologo di Giovanni con il racconto della Creazione. Un’analisi filologica del testo, opera degli studiosi di Gerusalemme, permette di riscrivere in modo particolare Gen 1,1-5: “Quando in principio Dio creò il cielo e la terra […] allora Dio disse: ‘sia la luce’. E la luce fu”. Ovvero: la prima azione di Dio al momento della creazione è parlare. Dio crea mediante la sua Parola. Questa interpretazione mostra il limite della visione classica della Creazione, con una divisione binaria Creatore / Creatura. In realtà, c’è un terzo elemento: la Parola, che appartiene a Dio, ma diventa altro da Dio e permette alla Creatura di esistere, legandosi strettamente con essa.
Giovanni, dovendo spiegare il mistero dell’Incarnazione, si rende conto che non deve narrare una storia nuova. Già all’inizio del mondo, esisteva “qualcosa” che apparteneva a Dio ma era allo stesso tempo connesso con la Creatura. La vicenda storica di Gesù Cristo permette all’evangelista di reinterpretare e riscrivere la Creazione e di comprendere come può esserci stato nel mondo qualcuno che fosse contemporaneamente vero Dio e vero Uomo. Il Logos, quella Parola creatrice, che già al momento della Creazione aveva permesso al Creato e alla Creatura di esistere, entra nella storia umana, per riportare la Creatura verso il suo Creatore, mediante l’insegnamento dato dalla sua persona. Questa è l’Incarnazione, la Parola di Dio che porta in sé tutto il divino ma riesce ad appartenere anche all’umano, la Parola di Dio che diventa Persona, per la salvezza di tutti gli uomini: “Verbum caro factum est” (Gv 1,14), così come preghiamo nel tempo di Natale
Francesco Platini