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Vangelo e comunicazione |
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Documentazione evento:
Nell'era di Internet il Vangelo è ancora una "bella notizia" di formidabile attualità e un caso da studiare per scoprire il segreto di un successo così duraturo. Da qui la scelta di dedicare il quarto incontro di inMEDIA al tema "Vangelo e comunicazione", sotto la guida esperta di don Silvio Barbaglia, biblista, il quale ha contribuito alla stesura di "Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa", vale a dire lo strumento che la Chiesa italiana propone come punto di riferimento per comunicare oggi la "bella notizia". "Il Vangelo è la buona notizia per eccellenza - ha spiegato Massimo Donaddio, giornalista de Il Sole 24 Ore, introducendo il tema della giornata -. Coloro che amano le notizie ne sono interpellati: è una notizia diversa da quelle cui siamo abituati ogni giorno, ma che ci coinvolge". Chi aveva immaginato che il relatore si sarebbe limitato a una teoria generica sui valori cristiani della comunicazione, o si sarebbe addentrato nei meandri della scienza biblica raccontando storie di rotoli, pergamene e trascrizioni, si è dovuto ricredere. Don Silvio ha fatto un'analisi del Vangelo alla luce dei più attuali modelli di comunicazione, facendolo sentire in tutta la sua modernità, come testo ancora "vivo". "La parola Vangelo vuol dire ‘bella notizia’, una ‘bella notizia’ che, con alti e bassi, dura da 2000 anni e può offrirci i cromosomi di una notizia che dura nel tempo" ha esordito il relatore, iniziando, così, il viaggio a ritroso nella storia per cercare di far capire quali erano gli strumenti di comunicazione di cui si disponeva, agli albori del cristianesimo, per fare notizia. La comunicazione di massa, con i suoi mezzi e le sue strategie, non è figlia elettiva dei tempi moderni. Gesù è stato uno dei più grandi comunicatori della storia e anche gli apostoli hanno dimostrato di essere abili comunicatori. Dalle testimonianze su Gesù contenute nei Vangeli, emerge che egli era un grande oratore, usava l’oralità, vale a dire lo strumento di comunicazione più importante nei tempi antichi fino all’avvento della scrittura per trasmettere la memoria culturale. I Vangeli attestano che sapeva leggere, ma la mancanza di ogni riferimento al fatto che scriva è una probabile scelta di campo. “Dare tanta importanza all'oralità – spiega don Silvio –, vuol dire mettere al centro l’aspetto della relazione, usare quindi un modello di comunicazione relazionale, in cui chi osserva l'evento è coinvolto direttamente nell'esperienza, entra direttamente nella scena cogliendo l'anima della realtà, facendo esperienza veritativa”. La capacità comunicativa di Gesù era tale da risultare sempre vincente anche negli scontri diretti - forse precursori dei moderni faccia a faccia - con gli scribi, esperti della comunicazione di allora, perché il suo sapere era vagliato dall'esperienza diretta con il Padre - con il quale comunicava la notte, quando si ritirava in luoghi solitari -, mentre gli scribi sottoponevano la Scrittura a un atto di lettura oggettivante, che escludeva la relazione profonda con Dio, che in esse si manifesta. Il modello comunicativo oggettivante, ritenuto oggi il più affidabile, è quello che distanzia il soggetto conoscente dalla realtà osservata: come quando il giornalista, di fronte a un evento, cerca di ricostruire i fatti nel modo più obiettivo possibile, senza mettervi la sua opinione. Ma – ha messo in luce don Silvio – “questa presunta obiettività è un’ingenuità: in realtà ogni azione di reporter comporta sempre una selezione fra migliaia di eventi, e nel processo stesso di selezione interviene il filtro dell’opinione di chi la compie; la selezione in sé porta la creazione di un nuovo fatto”. Lo stesso atto del comunicare è in grado di creare un evento partendo da cose non reali: basta pensare, per esempio, al meccanismo usato nella fiction, in cui la comunicazione crea una storia virtuale che non si è data dalla storia reale. Gli apostoli non furono da meno di Gesù quanto a capacità di comunicare. Anch’essi continuarono nel solco dell’oralità, dimostrando di avere un’attenzione degna dei più moderni strateghi di comunicazione, tenendo conto di quelle che erano le barriere spazio-temporali dell’epoca. Andavano a portare il kérygma, l’annuncio della “bella notizia” della resurrezione di Gesù, non di villaggio in villaggio, ma di città in città, privilegiando quelle più strategiche in termini di ritorno di comunicazione. Sceglievano soprattutto i luoghi in cui si svolgevano le feste di pellegrinaggio: in occasione della Pentecoste, Pietro parla davanti a 5mila persone, e ognuno dei presenti raccoglie e porta con sé la “buona novella”, e, sperimentandola nella propria esperienza di vita, diventa a sua volta fonte, testimone della nuova vita in Cristo. Ma proprio il diffondersi della “buona notizia” su basi sempre più ampie e pur con tutte le difficoltà imposte dalle dimensioni spazio-temporali dell’epoca, richiese l’adozione di un altro strumento comunicativo: la scrittura. Si tratta, però, di una scrittura “criptata”: la comprensione piena del testo richiedeva l'interpretazione del discepolo dell'apostolo. L’ulteriore espansione del cristianesimo, accompagnata dai rischi di perdita della memoria, dall’aumento esponenziale dei passaggi testimoniali e delle interpretazioni, portò alla necessità di scrivere la storia di Gesù, nella forma di una narrazione, che diventò così la forma letteraria centrale per comunicare la “bella notizia”. La scelta dei quattro Vangeli canonici garantisce la pluralità, ma anche l’interpretazione autentica degli eventi narrati. Dal racconto della storia di Gesù e della sua resurrezione e del Figlio che parlava al "Padre suo", si arriva, alla fine all’espressione "Padre nostro". Ma qui inizia un'altra "storia", quella della fede. “L'esito porta a dei contenuti di fede - ha concluso don Silvio -. Il discorso della fede deve essere un luogo di riflessione di un evento comunicativo: voler stare fuori dall'esperienza produce una comunicazione meno efficace, non si riproduce, non è sperimentata dagli altri”. La forma narrativa usata nei Vangeli è ancora oggi di grande attualità, ha infine confermato Donaddio: "la comunicazione è più efficace se passiamo attraverso un processo di tipo narrativo. L'intervista riproduce il meccanismo dell'oralità, è come essere un terzo che assiste direttamente, il reportage è sempre di attualità: basta pensare al grande successo di Terzani, che ha fatto sempre e solo reportage. Siamo efficaci nel comunicare quando c'è un coinvolgimento diretto". Ma attenzione, ha ammonito il giornalista del Sole 24 Ore rispondendo a una domanda, a non confondere comunicazione con informazione: la prima è molto più ampia, non può essere soltanto ridotta al processo informativo, nel quale si tende ad aderire maggiormente a un modello oggettivante.
Claudio Andrea Klun Corso inMEDIA
Elenco presenze (n. 61):
AIROLDI LAURA ANGIUS MASSIMILIANO ARPINO ELENA BARBAGLIA DON SILVIO BAZZANI NICOLETTA BELLODI CESARE BELLOTTI PAOLA BESATI ENRICA BIANCHI MARCO BONOLI FRANCESCO BORDINI LUCA (Video) BOVI SARA BRUNO CLAUDIA CANNATA LUIGI CATTIVERA ANTONIO CAVIGIOLI ELENA CHIESA PAOLA COLLA GABRIELLA COLOMBO LUCIA CRESPI MAURO CURINO MONICA DELLUPI RICCARDO DONADDIO MASSIMO FONTANA MARCO (Video) GARAVAGLIA GABRIELE GIACOMONI VALERIO (Video) GIANELLA SARA GIARDA VALERIA GIORDANO VALENTINA |
GRACEFFO LUCIA (LUCIANA) GUGLIELMETTI FRANCESCA (Video) KLUN CLAUDIO ANDREA LANFRANCHINI MIRELLA LATTANZIO FILIPPO MAFFIOLINI DON ALESSANDRO MARTELLI RINALDO MILIORINI MARCO (Video) MILAN ANDREA MILANI ESTER MILAZZO GIUSEPPA MOSSINA CLAUDIA MUSSETTA MARCO OMARINI MASSIMO PAGANINI ELISABETTA PALMIERI SABRINA PARISI MARCO PASCUCCI PASQUA LUISA PEDRAZZINI ALESSANDRA PIGA GAVINUCCIA POLITI LAURA (Video) POPOLI CRISTIANA ROSINA BENEDETTA SANTORO ELENA (Video) SEMPIO LUIGI STIEVANO RENZO TACCHINO GIANFRANCO TAMBUSSI FRANCESCA TOLOTTI MARCO (Video) TRUPIA MARIA ANTONIETTA ZANARI ALESSIA
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Documenti:
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17 feb 2007
Ente Promotore:
La Nuova Regaldi (Associazione Culturale Diocesana)
Ciclo di Incontri:
inMEDIA, Corso di formazione all'uso dei mezzi di comunicazione
don Silvio Barbaglia
La diffusione del Vangelo, dalla predicazione di Gesù a quella dei discepoli, alla redazione delle lettere e dei Vangeli, è un caso di studio che porta a riflettere sui modelli cognitivi (oggettivanti e relazionali) in atto nella comunicazione, sulle intenzionalità del processo di selezione che porta dai fatti alla loro ri-creazione nella notizia, sulla componente testimoniale in ciò che si comunica, e sull’importanza di questi elementi nella comunicazione di una buona notizia che, dal mattino di Pasqua ai giorni nostri, continua a diffondersi senza perdere attualità e attrattiva.
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