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GALAZIA - O stolti Gàlati, chi vi ha ammaliati?
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GALAZIA – O stolti Gàlati, chi vi ha ammaliati?

La quarta domenica dedicata dall'Associazione Nuova Regaldi a S.Paolo, con l'obiettivo di conoscere l'Apostolo delle genti a partire dalle chiese a cui scrisse le sue epistole, ha fatto tappa in Galazia. Domenica 18 gennaio, a Cameri, Don Silvio Barbaglia ha proposto una riflessione sulla Lettera ai Gàlati, testo alquanto ostico per il lettore di oggi, per il contesto particolare da cui trae origine.
La Galazia, regione dell'Asia Minore attorno all'attuale città di Ankara, aveva, all'epoca di Paolo, una forte presenza ebraica. Agli Ebrei osservanti si univa un consistente gruppo di persone che si sentivano attratte verso la fede di Israele, ma che non riuscivano ad accedervi a causa della mole di norme che la religione proponeva, norme che riassumiamo sotto il nome di Torah. Dopo la predicazione paolina, che aveva attratto in particolare chi si stava avvicinando alla fede ebraica, si era posto il problema se si poteva aderire alla Via di Gesù Cristo senza prima passare dal Giudaismo, evitando l'atto formale della circoncisione. San Paolo usa un'argomentazione molto audace (Gal 3), che fa riferimento alla promessa fatta ad Abramo, per dimostrare che questa promessa è precedente alla legge, a tutte le norme da osservare secondo la religione ebraica, e che si manifesta nella Persona di Gesù Cristo. E' Cristo stesso la discendenza annunciata ad Abramo quando ricevette la chiamata da Dio: accusato dal Sinedrio secondo la Legge ed esposto sul legno della croce, definito dagli Ebrei osservanti come “maledizione”, ha riscattato l'umanità. L'uomo non si salva con il rispetto di norme tassative – la tradizione ne trasmette seicentotredici: l'uomo è salvato per l'intervento di Dio nella storia, nella Persona di Gesù.
E' la Fede di Gesù Cristo a liberare dal peccato e, in ultima istanza, dalla morte. Don Barbaglia, nell'analisi di un altro capitolo dell'epistola (Gal 5), ha affrontato il tema della libertà, un concetto che, soprattutto in età moderna, è stato proposto, sviscerato e talvolta anche abusato. Il senso della libertà nel testo di Paolo è lontano da quello di un'autodeterminazione assoluta, che sarebbe appannaggio dell'uomo per mezzo del libero arbitrio. San Paolo è categorico nel mostrare che la Libertà portata da Cristo è la libertà dal peccato, causa della rovina e della morte dell'uomo. L'uomo è sì libero di scegliere, tra la salvezza e la rovina. I versetti Gal 5,18-23 indicano chiaramente le conseguenze di questa scelta: se l'uomo non sceglie Cristo, porterà frutti cattivi (i “frutti della carne”), ma se aderisce a Cristo, per divenirne discepolo, troverà la salvezza (i “frutti dello Spirito”).
Si tratta di un tema complesso, alla luce del concetto che abbiamo di libertà individuale: Paolo può mettere in crisi certezze che consideravamo saldissime, ma che possono essere reinterpretate, con la lettura critica e disponibile di un messaggio che fondò il Cristianesimo e che resta valido anche a distanza di duemila anni.
 

Francesco Platini
 


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