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Dal Sacro Monte in Terra Santa
Documentazione
Documentazione evento:
Il Sacro Monte: da Gerusalemme a Varallo
di Damiano Pomi, studioso del Sacro Monte di Varallo

Dal Sacro Monte di Varallo alla Terra Santa, un cammino a ritroso sulle orme del beato francescano Bernardino Caimi, un cammino che costruisce, non solo idealmente, un ponte tra la terra di Valsesia e la terra dove visse Gesù.
L’evento “Imago Veritatis, l’arte come via spirituale”, nella cui scia si colloca questo pellegrinaggio, ha aiutato a riflettere sull’importanza del recupero di una dimensione più specificatamente cristiana dell’immenso patrimonio di arte sacra che l’Europa e l’Italia in particolare possiedono. Troppo a lungo si è forse indugiato nel proporre con coraggio questo aspetto, tutt’altro che secondario, rischiando di perdere il significato più autentico ed originario della realizzazione di opere d’arte che raccontano di secoli di storia e di fede.
Proprio nella prospettiva di un ritorno alle origini, si è cercato di recuperare lo stretto legame tra il santuario varallese e le memorie di Terra Santa. Se, indubbiamente, oggi il Sacro Monte si presenta come un grande insieme di scultura e pittura, con opere di famosi e capacissimi artisti che danno vita ad un gran teatro montano, è pur vero che tutto questo esiste come ampliamento della iniziale e felice intuizione caimiana. Unico luogo al mondo, il monte di Varallo contiene le precise riproposizioni di quei santuari che a noi, in questi giorni, è data la grazia di visitare. Avendone oggi la possibilità - ben diversa era la situazione nella seconda metà del XV secolo - è cosa doverosa giungere in questa terra, benedetta dall’agire di Dio nella storia, per ridare significato a quanto con devozione da più di cinque secoli i valsesiani custodiscono.
Giungere in Terra Santa non significa però soltanto guardare al passato ma anche e specialmente al presente, proiettati verso il futuro. Significa incontrare non solo dei luoghi ma anche delle comunità cristiane che, con la loro presenza, mantengono accesa, proprio là da dove è partita, la luce della fede, come speranza di pace nel travagliato cammino di popoli e culture che, misteriosamente, proprio in Gerusalemme si riconoscono accomunati dalla fede nell’unico Dio.
Doveroso, dunque, un pensiero di sincero affetto e ringraziamento alla comunità francescana che, da secoli, per i cristiani cattolici, custodisce i Luoghi Santi, al patriarca segno della comunione con la Chiesa di Roma e a tutte le autorità religiose e civili che prendono parte a questo incontro. L’augurio è che da questo seme gettato possano nascere reciproche e concrete iniziative di fraternità, nel cammino verso la riscoperta delle radici della fede cristiana e nella costruzione di un sempre più necessario futuro di pace.

Il monte: luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo
di don Silvio Barbaglia, docente di scienze bibliche presso lo studentato teologico San Gaudenzio di Novara

La montagna sacra è simbolo per le grandi religioni storiche di altezza: uno sguardo verso l’alto, verso il cielo, luogo tra i più evocativi della presenza di Dio. La montagna è collegata alla terra ma da essa si innalza. Babele racconta di un tentativo di innalzare una montagna sacra come costruzione e orgoglio antropocentrico di una società forte: fatte da mano d’uomo, la città e la torre, vengono interrotte perché Dio scende e confonde le lingue degli uomini.
La Scrittura santa è ricca di “racconti di montagna”: da essi è possibile cogliere alcune costanti utili ad elaborare una teoria che è stata recepita diversamente dalle tradizioni ebraica e cristiana.
Si propone quindi di osservare, tra tutti i monti della Scrittura, due in particolare con quattro nomi e, paradossalmente, in movimento: da una parte il Sinai/Horeb, il monte della rivelazione da Mosè, attraverso Elia a Gesù e, dall’ altra il Sion/Moria, il monte del sacrificio, della reggia, del tempio e della città, da Abramo, attraverso Salomone a Gesù.
La ricezione delle simboliche relative a questi sacri monti vengono dunque elaborate in modo distinto dalla tradizione ebraica e dalla tradizione cristiana.
Mentre la prima non si preoccupa di trovare una referenza effettiva e concreta in luoghi precisi, visibili e visitabili, bensì tende a caratterizzare dei ruoli legati all’evento di rivelazione e di alleanza tra il Dio dei padri e il popolo d’Israele, la tradizione cristiana, a partire dal quarto secolo, sente sorgere in modo sempre più marcato il desiderio di localizzare ciò che il testo sacro descrive. I pellegrinaggi verso i luoghi santi, infatti, promuovono tale prospettiva interpretativa. Il Sinai/Horeb che noi oggi vediamo è frutto del desiderio di localizzare un monte, presso il massiccio più imponente della penisola sinaitica, sul quale si è dato il dono della legge antica per le mani di Mosè. Ma la tradizione ebraica non si è mai preoccupata di fissare un luogo preciso su un monte preciso perché la locazione può anche variare è ciò che è Sinai, lo è per il valore rivelativo e non geografico. Il messaggio del testo regge indipendentemente da una sua corrispondenza topo grafica.
La pluri-locazione del monte Sion e del monte Moria nella tradizione biblica ed ebraica va a sottolineare un’ulteriore funzione religiosa collegata all’idea di città, all’idea di una religione che si organizza in una società. Due luoghi simbolici dunque, il deserto per il Sinai/Horeb e la città, per il Sion/Moria. Due luoghi che riassumono, in sintesi, anche la vicenda narrativa degli eventi di salvezza per Israele.

In Terra Santa, sulle orme di Bernardino Caimi
Un centinaio di pellegrini da tutta la diocesi di Novara in Terra Santa per suggellare il legame tra la Gerusalemme di Palestina e la Gerusalemme valsesiana

Sono rientrati i circa cento pellegrini che hanno partecipato al pellegrinaggio in Terra Santa organizzato come appendice della prima edizione del festival “Imago Veritatis – L’arte come via spirituale” che si è tenuto a Varallo Sesia e al Sacro Monte dal 13 al 15 giugno.
Il viaggio ha avuto come scopo principale quello di rinnovare lo stretto legame tra la Gerusalemme valsesiana e quella di Palestina, fatto anche di uno stupefacente parallelismo di luoghi e architetture.
La giornata clou del viaggio è stata quella di sabato 28 giugno con il seminario di studi organizzato al Pontifical institute Notre-Dame of Jerusalem center dalla Diocesi di Novara in collaborazione con lo Studium Biblicum Franciscanum e con il patrocinio della Custodia di Terra Santa.
Il seminario ha voluto celebrare la grande figura del francescano padre Bernardino Caimi, custode di Terra Santa nel XV secolo, ideatore e fondatore della “Nuova Gerusalemme” in terra italiana: il Sacro Monte di Varallo.
L’apertura dei lavori è stata affidata al benvenuto di padre Giovanni Solana, direttore del Pontificio istituto Notre-Dame e ai saluti di padre Artemio Vítores, vicario custodiale. L’assessore Eraldo Botta del Comune di Varallo ha portato il saluto della città.
Sono quindi seguite le relazioni di padre Eugenio Alliata (I francescani in Terra Santa: significato di una presenza), don Silvio Barbaglia (Il monte: luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo) e Damiano Pomi (Il Sacro Monte: da Gerusalemme a Varallo). Presidente della sessione unica è stato monsignor Gianni Colombo, provicario generale della diocesi di Novara, mentre ha diretto l’incontro Rosangela Canuto, presidente del comitato promotore di “Imago Veritatis”.
Dopo la cena è stato replicato l’oratorio musicale “Haec Nova Jerusalem” che ha chiuso con un pubblico di oltre mille persone il festival “Imago veritatis” a Varallo. Il concerto con voci recitanti, soliste, coro e orchestra, a cura della Cappella Strumentale del Duomo di Novara, è stato realizzato in Terra Santa con la collaborazione di un’orchestra da camera locale.


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