Documentazione evento:
Metamorfosi della paura
Premessa
La paura si riflette nelle emozioni. Quando si accentua una forte emozione ci vuole la collaborazione della filosofia e della poesia oltre all’aiuto della psichiatria. Un poeta dice che la follia è sorella della poesia. La psichiatria deve riconoscere i propri limiti, deve cercare alleanze con la filosofia e la poesia, altrimenti fallisce il suo obiettivo. Deve saper misurare, saper valutare cosa avvenga in ciascuno di noi sulla base dei comportamenti che noi abbiamo, la nostra soggettività, la nostra via interiore.
Le parole con cui esprimiamo la nostra interiorità sono difficili da dire, difficile dire il dolore dell’anima e il dolore del corpo. Difficile definire quali sono i confini tra il dolore del corpo e quali quelli dell’anima. L’uno e l’altra non sono autonomi.
Leopardi aveva già intuito che a fianco della conoscenza razionale andava affiancata quella emozionale e lo esprimeva nei suoi scritti.
Quando la passione diventa emozione, riusciamo ad esprimere meglio quel che sentiamo. La ragione è portata a riconoscere la morte e non la vita. Le emozioni esprimono meglio della ragione. Parole che nascono da una poetica più profonda, più arcana.
Questo secolo è caratterizzato e segnato dalla centralità della ragione, la follia della ragione. Scelta radicale della teofanizzazione della ragione.
Quando il pensiero sfocia in un’ emozione?
Quando si parla di paura, angoscia, inquietudine, morte volontaria…sono parole razionali, ma inutili, non ci spiegano il senso, non definiscono lo stato d’animo che provocano. Dire invece, quali sono i contenuti della paura, dell’angoscia ne rende il significato. I modi e le forme in cui si esprime la paura sono: la poesia, le metafore, le emozioni.
Si conoscono diverse cose con la ragione da quelle che si conoscono con l’emozione e l’intuizione.
La razionalità senza emozione è sabbia che si frantuma. Heidegger ha colto fino in fondo le emozioni, l’importanza che assumono nella vita.
La psichiatria ha per questo un debito nei confronti della filosofia.
Quali sono i valori che possiamo ritrovare in queste esistenze ferite?
Sono emozioni forti che si esprimono attraverso il colloquio, il dialogo con altri, ma possono anche essere negativi e spegnere il dialogo con gli altri. Abbiamo in noi emozioni contrapposte come: amore/odio, simpatia/antipatia con le quali scegliamo ed obbediamo a quell’inconscio che ci richiama dentro di noi. Le emozioni, non sono razionali, nascono quando vogliono, vengono da lontano, si manifestano senza poterglielo impedire, noi dobbiamo controllarle, osservarle. Sorgente essenziale della vita sono le emozioni. Ci sono emozioni che si esprimono come ringraziamenti o altre come sensi di colpa. Noi non possiamo cambiarle ma controllarle.
Filosofia e psichiatria si sono sempre dimenticate delle emozioni, degli stati d’animo della persona.
S. Tommaso, Hegel, Kant, e tutta la filosofia fino al ‘900 non hanno tenuto conto delle emozioni, benché si percepiscano in modo sottile da alcuni scritti di Sant’Agostino, Le Confessioni, o di Blaise Pascal.
Nella filosofia tedesca Husserl, Heidegger e Scheler hanno saputo cogliere, a partire dai primi anni del ‘900, le emozioni sul senso della vita, del vivere, del morire e se si vuole sul tema della follia.
Leopardi è stato un grande poeta che ha saputo cogliere l’importanza delle emozioni. Le liriche leopardiane rivelano in tutto il loro fulgore, le emozioni strazianti e ipnotizzanti della follia. La follia più crudele, più aspra che ci accompagna nell’esperienza della solitudine.
Da questo arcipelago infinito delle emozioni vediamo cosa sono l’angoscia e la paura.
Ciascuno di noi ha a che fare, sia che si renda conto o no, con l’angoscia e la paura, ogni tentativo razionalistico che le voglia svuotare di senso, di esistenza, fallisce.
L’angoscia è sorella straziata e dolorosa della paura. La distinzione tra queste due emozioni è che la sorgente dell’angoscia nasce in noi al di là degli avvenimenti a cui andiamo incontro.
Nelle grandi svolte della vita, dai passaggi dall’infanzia all’adolescenza, dalla giovinezza all’età adulta, dall’adulto all’anziano, può nascere in noi un’esperienza di terrore. Nel cuore di ogni angoscia si nasconde la paura della morte. Sorelle siamesi sono angoscia e paura, ma l’angoscia è più misteriosa, sconosciuta, indicibile è l’angoscia della morte, il senso della morte. Paura ontologica di tutte le altre paure che possiamo vivere. Come la paura di essere aggrediti, o del diverso, paure sociali, che pur essendo diverse come sorgenti, derivano dalla paura originaria della morte. L’angoscia non nasce dalla violenza, dalle guerre ma nasce a prescindere da tutti questi contesti personali, ambientali e anche storici. L’angoscia è un altro modo di soffrire, di guardare alla morte.
La paura invece, pur essendo aspetto fondamentale della vita, incancellabile, e di cui non sempre si ha coscienza di provare, nasce dalle cose, da fatti determinati.
Abbiamo paura sempre di cose, esperienze, ostacoli, avvenimenti che accadono, cose determinate che diventano sorgenti delle nostre paure, qualcosa che ci minaccia, che determina in noi paura.
L’angoscia è matrice portante di esperienze , alle quali non possiamo sfuggire: ne è il fondamento ontologico. L’angoscia è più un tema filosofico che non di appartenenza solo della psichiatria, la quale vorrebbe appropriarsene. La paura si manifesta nella relazione con l’altro, parlare con l’altro può cambiare la nostra percezione della paura, perché entrano in gioco le emozioni.
Nella realtà ci sono persone più fragili o più forti, più fredde, più aride o più sensibili e questo fa sì che le paure sono intrecciate con la sensibilità della persona. La nostra paura cambia il modo di guardare negli occhi l’altro. Dobbiamo fare una riflessione interiore a questo proposito, sfidare la paura guardando negli occhi l’altro che a volte percepiamo come aggressore. Osservare cosa accade in noi guardando l’altro. Capire se veramente ci sta minacciando o se invece è lui ad aver bisogno di aiuto . Le nostre emozioni determinano il modo di vedere l’altro. Tutti noi viviamo in modi diversi la paura, a volte le paure non hanno vera consistenza. Quando la paura scende in noi cambia il modo in cui ci relazioniamo con gli altri, come li ascoltiamo e questo può dar luogo a fraintendimenti, perché possiamo essere visti dall’altro come soggetti d’angoscia o come minaccia o viceversa vedere noi questo nell’altro. A volte non ci accorgiamo di avere paura e quando parliamo portiamo anche all’altro ciò di cui ci sentiamo minacciati.
Cambia anche la vista del paesaggio in cui viviamo. Emozioni quali la gioia, la tristezza, la malinconia cambiano la fisionomia del mondo. La sofferenza cambia la percezioni dei colori del paesaggio, nell’angoscia i colori ci appaiono scoloriti, nella gioia nitidi, intensi, pieni di luce.
Anche il tempo viene modificato quando vivono in noi angoscia e paura. Il tempo presente, passato e futuro. In alcune esperienze psicologiche come la malinconia, ma guai se non avessimo fatto esperienze di malinconia nella nostra vita, altrimenti saremmo aridi, viviamo nel passato. Nello stato emotivo della gioia, niente a che fare con la felicità, noi viviamo nel presente. Quando c’è angoscia e paura è l’espressione del futuro, non ci accorgiamo che viviamo in attesa continua del futuro, non sappiamo quali parole ci giungeranno, ma è un futuro che viviamo come se fosse già realizzato, viviamo l’esperienza della morte come se fosse già giunta. Il tempo si riduce ad essere un’attesa senza fine ma che si sta realizzando sul piano della sofferenza e della morte.
Quante paure abbiamo?
Altra paura è l’esperienza del male e sono tra loro legate. Viviamo la paura come causata dal male, dalla violenza, dalle guerre, da Hiroshima, dal Titanic, questo per dire che anche le più avanzate tecnologie moderne possono essere fonte di paure. Vedi la paura di prendere l’aereo o il treno veloce che arriva da Milano a Roma in tre ore, e così tantissime altre, come la paura del diverso, della follia. Molte paure sono provate dal virtuale, in realtà non ci sono. Ci sono paure a volte motivate, comprensibili, implacabili, altre volte nascono in noi dal fatto di attribuirle a persone o situazioni: allo straniero, alla follia. Dobbiamo abituarci a riconoscere la paura in noi, perché possiamo avere il tempo di attribuire la ragione della paura che nasce in noi. Analizzarsi e cercare di cogliere cose nuove, motivazioni diverse dalle nostre quando parliamo con gli altri, senza lasciarci condizionare dalla nostra percezione.
Importanza e valore della parola e del silenzio
Panico è un altro termine che appartiene alla paura, panico è paura. Esistono molti termini che definiscono le sensazioni. Bisogna stare attenti all’uso delle parole, queste sono importanti per dare a volte speranza, accendere speranza in chi è spaventato o possono farlo precipitare negli abissi della disperazione. E’ importante tanto la parola quanto il silenzio. Quando si usano delle parole è bene stare attenti e piuttosto preferire il silenzio per evitare di far stare peggio la persona presa dalla paura o dall’angoscia. Bisogna saper dare scintille di speranza, saper cogliere noi stessi quelle scintille di speranza che ci sono sempre dentro di noi anche nelle disperazioni più forti. Saper cogliere nell’altro un desiderio di aiuto, anche solo guardare negli occhi una persona può essere importante e far scaturire in lei quel senso di fiducia di cui ha bisogno ed ha dunque importanza psicologica.
Citazioni
Suscita più spavento l’ubiquità delle paure, perché possono uscire fuori da ogni luogo , fessure, casa, all’aperto, dal passato, dal posto di lavoro, dal mezzo che usiamo per andare a casa, da persone che conosciamo, o che non conosciamo.
La paura più terribile è la paura fluttuante, che ci perseguita senza una ragione, è la minaccia che si vede dovunque ma che non si manifesta.
Braci di speranza, scintille di speranza, ci sono sempre e bisogna farle crescere per passare così dalla disperazione alla speranza, far nascere nuove risorse che non immaginiamo di avere. Quel briciolo di speranza può far scaturire risorse segrete che sono in grado di far rinascere la persona che magari è vista da tutti senza possibilità. Si può guarire anche da una schizofrenia. Risorse psicologiche che sono state considerate perdute per sempre anche da diagnosi di esperti, possono rinascere e risanare la persona. Occorre anche tenere conto che ottimismo e pessimismo sono degenerazioni della speranza.
Sintesi della relazione a cura di Luciana Graceffo rivista dal relatore prof. Eugenio Borgna