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L'antico codice dell'Apocalisse di san Giovanni: una fontana sigillata. Settimo sigillo (Ap 20-22)
Documentazione
Documentazione evento:
GERUSALEMME: RITROVATO L’ALBERO DELLA VITA
In Battistero giunge al termine il cammino dell’Apocalisse, con il ritorno all’Eden, nella nuova Gerusalemme
 
«E vidi scendere dal cielo un angelo con la chiave dell’abisso e una grossa catena. Afferò il dragone, il serpente antico, il diavolo o Satana, e l’incatenò per mille anni». La sconfitta totale e definitiva del Male apre il capitolo 20 dell’Apocalisse, letto dall’attrice Lucilla Giagnoni e spiegato dal biblista don Silvio Barbaglia, domenica 11 aprile nel Battistero di Novara, nell’ultimo di 7 incontri dedicati all’ultimo libro del Nuovo Testamento. E, sconfitto per sempre il Male, i giusti resuscitano da morte e si uniscono a Cristo, il primo dei risorti, per regnare con lui, «per mille anni». Un numero simbolico, per dire il tempo della salvezza, in cui Cristo, sceso nel regno dei morti, incontra l’umanità in attesa di riscatto, causando il miracolo della risurrezione a vita nuova. La salvezza si è finalmente compiuta, e continua a compiersi nell’incontro personale di ogni uomo con il Cristo. Satana potrà ancora agire, «per un breve tempo», in cui sarà liberato e potrà ingannare le nazioni e opporsi ai giusti. Ma ormai il suo destino è segnato e imminente: egli è gettato a bruciare eternamente nello stagno di fuoco e zolfo. Con lui la morte, e gli uomini seguaci del Male, che – anch’essi risorti – vengono condannati alla stessa sorte di eterna sconfitta e tormento. «Poi – annuncia stupito il veggente Giovanni – vidi un cielo nuovo e una terra nuova», mentre Gesù seduto in trono proclama «Ecco: faccio nuove tutte le cose». E appare la nuova Gerusalemme, discesa dal cielo, «la sposa dell’agnello» e «dimora di Dio con gli uomini». Costruita in oro e pietre preziose, essa ha forma perfettamente cubica, la stessa che, tra gli edifici descritti dalla Scrittura, ha il solo Santo dei Santi, la parte più intima e sacra del Tempio di Salomone. E Giovanni ci accompagna a visitarla, entrando da una delle sue 12 porte – sempre aperte. In essa non c’è il Tempio. Non ce n’è bisogno, perché «Dio stesso e il suo Cristo sono il suo tempio», e i suoi abitanti– i beati – vivono nella luce senza bisogno di sole o di lampada, perché «il Signore Dio li illuminerà, e regneranno nei secoli». E come nel giardino di Eden – prima che Adamo ed Eva conoscessero il peccato – «dal trono di Dio sgorga un fiume di acqua viva», e intorno ad esso sorgono «alberi di vita», «con foglie dalla virtù medicinale per la guarigione delle genti». La visione termina, e si torna alla storia, la storia umana, ancora tormentata, purtroppo, dal male e dalla morte. Ma il tempo è abitato da un’attesa: «Ecco, io vengo presto», proclama il Cristo. Lo Spirito e la Chiesa lo chiamano: «Vieni!». «Amen!», esclama a una voce la comunità radunata nel Battistero, unendosi all’attesa fedele del Cristo.

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