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Dalla realtà alla notizia, dalla notizia alla realtà, tra informazione e interpretazione |
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Documentazione evento:
Il giornalista, lui stesso, è spesso il vero protagonista della notizia che presenta ai suoi lettori. L’occhio che vede e l’orecchio che ascolta, prestati ai lettori perché si rendano conto della realtà, appartengono infatti sempre a qualcuno, a un essere pensante: il giornalista. Così esordisce Umberto Folena, giornalista da vent’anni e brillante editorialista di Avvenire, nel raccontare la sua personale esperienza di cronista. E prosegue con esempi tratti dai fumetti: Clark Kent e Peter Parker –gli anonimi volti dietro cui si celano i leggendari Superman e Spiderman– dimessi i panni di “supereroi” esercitano nella loro vita ordinaria la professione giornalisti. Per esser dei bravi giornalisti bisogna esser dei supereroi? No, ma anche i giornalisti hanno una sfida da affrontare: occorre conquistare il lettore, trattenere la sua attenzione affinché legga tutto il pezzo e non solo l’incipit, ma senza alterare i fatti per ottenere l’effetto. Anche quando sul luogo dei fatti dominano emozioni forti, difficili da gestire. È il caso di funerali “famosi”, come quello di Novi Ligure, cui Folena ha partecipato come reporter, che ha rappresentato un caso emblematico. La sera precedente il funerale, si era saputa la notizia che gli assassini della mamma e del figlio dodicenne, trovati morti la sera del 21 febbraio 2001, erano Erika, la figlia sedicenne della donna, e il suo fidanzatino Omar. Quella mattina fare la cronaca era molto difficile perché l’emotività in questi casi è altissima e nessuno ne è impermeabile, da chi sta a guardare dal divano di casa, a chi è realmente presente. Di contorno al funerale c’era anche una mattinata grigia e uggiosa, che aumenta il peso dell’atmosfera. In queste circostanze, l’abilità del giornalista non sta nell’aggiungere emotività ad una situazione che già ne è impregnata: casomai bisogna toglierne. E qui si vede la differenza tra cronista e cronista. Folena, infatti, aveva notato che al funerale erano presenti diversi giovani e adolescenti, e si è dato un compito preciso: far sentire la voce dei giovani per far dire loro qualcosa di sensato. Le colleghe giornaliste tv di Mediaset andavano invece alla ricerca di ragazzi dall’aspetto “alternativo”, quelli che visti in tv rispondono allo stereotipo del ragazzaccio deviante che suscita l’esclamazione –Leit motiv caro a molto pubblico adulto–: “Dove andremo a finire con questi giovani?”. Lo scopo? Imbandire un “piatto forte” per il pubblico del tg che, se non gli si dice quel che gli piace sentire, cambierebbe canale, nonché portare al proprio direttore qualcosa di sensazionale. Infatti il pubblico televisivo e della carta stampata ama ascoltare ciò che conferma quello che già pensa: come quando ascoltiamo la nostra canzone preferita, e la amiamo sempre più per via dell’abitudine. Anche per alcuni quotidiani è così. Libero, per esempio, può esser considerato un giornale per “tifosi”, perché interpreta i fatti scrivendo ciò che il lettore pensava già per conto suo. Realtà e notizia, non possono ovviamente coincidere, anche se il giornalista deve fare uno sforzo per avvicinarle. Ma la realtà dell’informazione va spesso in direzione opposta, fino a raggiungere il caso limite che, secondo Umberto Eco, è costituito dalla tv italiana, che lui stesso definisce “neotelevisione”, nata quando, nei primi anni ’80, si è passati dal monopolio della tv di stato al duopolio Rai – Mediaset, con l’entrata in scena di Berlusconi e dei suoi tre canali televisivi. La neotelevisione si è posta l’obiettivo di coinvolgere la gente, farla partecipare, fino a giungere all’esito estremo dei reality show, che tanto successo ha riscosso in questi ultimi anni. Con la conseguenza che la tv, da strumento per mostrare la realtà, si è gradualmente convertita in un sistema che, nel coinvolgere lo spettatore, costruisce la realtà, e diviene essa stessa realtà, al punto che ciò che non compare in tv è come se non esistesse. Ma un giornalismo buono è un’altra cosa, e si alimenta di un corretto rapporto tra il fatto e il racconto della notizia. Ma esiste la verità dei fatti? E come cercare di avvicinarvisi nello scrivere la notizia? Umberto Folena ci descrive allora il suo procedimento di lavoro, le norme che dà a se stesso, per cercare di fornire un’informazione corretta e responsabile nei confronti del suo pubblico. Innanzitutto, la raccolta delle informazioni è fondamentale. Bisogna raccogliere più informazioni possibili, evitare di essere banali, avere sempre in mente il proprio pubblico di lettori, ma anche avere il giusto “rispetto” nei confronti della notizia. Dopo la raccolta, occorre fare una selezione delle informazioni da scrivere nel pezzo. E qui entra, inevitabilmente, un altro elemento di soggettività: scegliere da quale informazione cominciare nell’atto di scrittura implica che il giornalista porti il lettore a guardare i fatti in quel determinato modo, secondo un certo punto di vista, e non in un altro. Questa prima parte dell’articolo, in cui si cerca di trasmettere il fatto interferendo il meno possibile con le proprie opinioni, è fondamentale, perché consente al lettore di iniziare a farsi una sua opinione; su di essa si fonda il rapporto di fiducia con il lettore, per il quale il lettore accorto impara a fidarsi di un giornalista e non di altri. Solo in un secondo momento il giornalista può esprimere la sua opinione perché il lettore possa confrontarsi con essa. Il buon giornalista pertanto è innanzitutto un uomo, e non un supereroe o un automa, e in quanto tale è limitato e condizionato dalla sua realtà individuale, ma deve sforzarsi di essere al servizio della verità, senza mai avere l’arroganza di imporre come verità il suo punto di vista o solo una parte della verità.
Davide Pangallo Corso inMEDIA
Video in corso di preparazione.
Presenze (n. 58):
AIROLDI LAURA ANGIUS MASSIMILIANO ARPINO ELENA BARBAGLIA DON SILVIO BAZZANI NICOLETTA (Video) BELLODI CESARE (Video) BERGAMASCHI FRANCESCA BESATI ENRICA BIANCHI MARCO BORDINI LUCA BOVI SARA BRUNO CLAUDIA CANNATA LUIGI CATTIVERA ANTONIO CAVIGIOLI ELENA CHIESA PAOLA CRESPI MAURO DELLUPI RICCARDO DONADDIO MASSIMO FEDERICO GIANLUCA FOLENA UMBERTO FONTANA MARCO GARAVAGLIA GABRIELE GIANELLA SARA GIARDA VALERIA GRACEFFO LUCIA (LUCIANA) GUGLIELMETTI FRANCESCA MARIA KLUN CLAUDIO ANDREA LATTANZIO FILIPPO LORENZINI ANNA |
MAFFIOLINI DON ALESSANDRO MARTELLI RINALDO MILAN ANDREA MILANI ESTER MILAZZO GIUSEPPA MONTINO RAFFAELLA MOSSINA CLAUDIA MUSSETTA MARCO OMARINI MASSIMO PAGANINI ELISABETTA PALMIERI SABRINA PANGALLO DAVIDE PARISI MARCO PASCUCCI PASQUA LUISA PEDRAZZINI ALESSANDRA POLITI in UBEZIO LAURA POPOLI CRISTIANA RAVAROTTO SERENA ROMANO CHIARA ROSINA BENEDETTA ROSSI MARIA GRAZIA SANTORO ELENA SEMPIO LUIGI STIEVANO RENZO TACCHINO GIANFRANCO TAMBUSSI FRANCESCA TRUPIA MARIA ANTONIETTA ZANARI ALESSIA |
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Documenti:
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10 mar 2007
Ente Promotore:
La Nuova Regaldi (Associazione Culturale Diocesana)
Un buon giornalista, un giornalista buono. Per essere un buon giornalista è necessario innanzitutto essere un giornalista buono. Per fare un buon giornalista ci sono le buone scuole e le buone redazioni, che non sono contrapposte ma alleate. Un buon giornalista deve imparare alcune nozioni, insomma sapere alcune cose; e saperne fare altre, ossia possedere delle abilità. Non è poi difficilissimo: basta avere un minimo di propensione per il mestiere, libri seri e maestri competenti. Ma per essere un giornalista buono?
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10 mar 2007
Ente Promotore:
La Nuova Regaldi (Associazione Culturale Diocesana)
Ciclo di Incontri:
inMEDIA, Corso di formazione all'uso dei mezzi di comunicazione
Umberto Folena
L’immaginario collettivo tende a creare e a diffondere un’immagine ben precisa del giornalista, che è quella di colui che scova ma, nello stesso tempo “crea” la notizia. La realtà spesso smentisce questo stereotipo, anche se il peso delle scelte del giornalista ricade soventemente nell’impostazione che egli sceglierà per diffondere la notizia stessa, attivando inevitabilmente reazioni diverse tra i propri lettori. Lettori e spettatori televisivi fanno parte a loro volta di realtà in continuo cambiamento, che negli anni hanno sviluppato una tendenza all’immedesimazione e alla partecipazione attiva nelle storie e, soprattutto, nei programmi. È la neotelevisione, all’interno della quale è possibile per tutti dare un contributo, apparire e farne parte almeno per quel quarto d’ora di celebrità tanto profetizzato da Andy Wharol. Viene a crearsi quindi una sorta di scissione tra il fatto accaduto e la notizia che viene riportata dagli organi di comunicazione, scissione che dipende direttamente da fattori quali il grado di emotività con cui il fatto si vuole che venga riportato, quali corde si desiderano pizzicare nell’emotività del lettore, spettatore e fruitore del messaggio, quanta attenzione,coinvolgimento easpettativa si voglionr creare nel pubblico per quanto riguarda la notizia, eccetera. Il risultato di questa delicata alchimia è la notizia che leggiamo sui quotidiani, o che ascoltiamo alla radio o alla televisione. Non è possibile dunque cercare di trasmettere tutta la verità (o tutte le verità) di un fatto con un giornale o con una trasmissione televisiva: come di un iceberg, molto risulterà necessariamente ed inevitabilmente nascosto sotto la superficie. Quanti di noi avranno la volontà di non fermarsi a questo e decideranno di andare più a fondo?
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