Documentazione evento:
Contributo di sintesi del dott. Gianfranco Abelli pubblicato in qualità di articolo sulla Stampa Diocesana Novarese, testata valsesiana "Monterosa", di sabato 17 febbraio 2007
Il Vangelo di Giuda Iscariota è stato il centro delle riflessioni durante l’incontro dal titolo “Il Vangelo di Giuda: in margine al dibattito attuale sulla nascita del Cristianesimo”, con il biblista don Silvio Barbaglia, organizzato dalla delegazione valsesiana dell’Associazione di Cultura Classica, che si è svolto a Palazzo Castellani a Borgosesia giovedì 8 febbraio. Il Vangelo di Giuda è un manoscritto gnostico, redatto su un papiro e legato da un laccio di pelle, copiato in copto, ritrovato casualmente da un contadino arabo, all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, nel deserto presso El Minya (Egitto). Dalla datazione al carbonio di questo manoscritto, avvenuta nell’università dell’Arizona, è risultato risalire circa al 280 d.C., periodo al quale fa riferimento la maggior parte dei vangeli non canonici scritti in lingua copta: si tratta di una copia di uno scritto più antico. Infatti questo vangelo è citato da Ireneo, vescovo di Lione, nella sua confutazione Adversus haereses, risalente al 180 d.C. Il papiro ha subito diverse peripezie e passaggi di proprietà, giungendo alla fine ad un mercante di antichità statunitense, che l’ha tenuto per oltre 16 anni in una cassetta di sicurezza, in assenza di adeguate strutture per la conservazione e in pessime condizioni, a Long Island (USA). Un’antiquaria di Zurigo, Frieda Nussberger-Tchacos, lo trova e lo acquista nel 2000. Nel 2001 lo affida alla Maecenas Fundation for Ancient Art di Basilea, per la traduzione e conservazione. Il gruppo del prof. Rudolphe Kasser, composto da filologi e traduttori esperti di lingua copta, ha prodotto una versione in inglese, dalla quale deriva la versione italiana. Il manoscritto è stato autenticato e dopo un lavoro durato 5 anni sono state presentate al pubblico, per la prima volta, alcune pagine ricostruite il 6 aprile 2006, poco prima delle festività pasquali, nella sede della National Geografic Society a Washington (USA). I proprietari del manoscritto, una volta terminati il recupero e gli studi, hanno deciso di farne dono al museo del Cairo, in Egitto.
Il Vangelo di Giuda presenta la figura dell’apostolo in una chiave differente da quanto proposto dai vangeli canonici di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. La narrazione dello scritto delinea gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù. E’ un Gesù che ride sempre, che appare in contrasto con le usanze e i culti più diffusi addirittura con gli stessi discepoli ritenuti incapaci di capire il vero spirito della religione. Giuda è il prediletto di Gesù, l’unico messo a parte di segreti, l’unico che sa veramente comprendere, che è in grado di servire veramente Dio e di mettere in atto i suoi propositi. Giuda è stato scelto per portare a termine il destino della redenzione: deve favorire la cattura e la morte di Gesù; questo lo libererà dal corpo che in questo contesto gnostico, è considerato solo un involucro inutile in opposizione alla vera spiritualità. Giuda accetta di aiutare il Maestro ed accetta anche di essere destinato ad essere maledetto nei secoli da tutti coloro che non saranno in grado di comprendere il “vero” senso della storia cristiana. Giuda quindi non avrebbe fatto altro che accontentare Gesù consegnandolo ai suoi carnefici.
Questa ipotesi, cioè che Gesù avesse dato istruzioni a Giuda di consegnarlo alle autorità romane, formulata da Craig Evans, docente di Nuovo Testamento alla Acadia Divinità College dell’Acadia University di Wolfville in Canada, è nota da molto tempo. Si spiegherebbe così la frase a lui rivolta e riportata dal vangelo secondo Giovanni: “Qualunque cosa tu debba fare, falla in fretta”.
Nella seconda parte dell’incontro don Barbaglia ha sottolineato l’utilizzo strumentale del ritrovamento di una fonte, nota da tempo, che ha un valore per la ricerca, al fine di instillare il dubbio nei confronti della posizione ufficiale, canonica, della Chiesa. Sull’onda lunga di romanzi come “Il codice Da Vinci” di Dan Brown, che propongono al grande pubblico teorie “nuove” su fatti inerenti Gesù, che riscuotono naturalmente grande interesse e curiosità, ma che non sempre hanno fondamenti storici, filosofici o di ricerca. Ha ricordato il momento storico di passaggio, nel quale stavano emergendo diverse eresie, tra cui quelle gnostiche, dal II° al V° secolo, in cui la chiesa ha effettuato una critica delle fonti ortodosse rispetto a quelle apocrife, ed ha stabilito il canone del neotestamento. Ha delineato il ruolo di S. Ireneo, come riferimento dell’esistenza per fonti, come il cosiddetto Vangelo gnostico di Tommaso, che ha trovato conferma nel 1945 con la scoperta dei Codici di Nag Hammadi, nella ricerca della tradizione più autentica del Cristianesimo in contrapposizione con gli eretici valentiniani. Ha sottolineato la scelta di fedeltà fatta dalla Chiesa alla tradizione contro le falsificazioni. Concludendo l’incontro ha suggerito alcuni testi per approfondire le diverse e complesse tematiche proposte durante l’incontro.