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DAMASCO - Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? |
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Documentazione evento:
«Dalla lettera di San Paolo alla Diocesi di Novara…» DAMASCO - «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9,4)
È partito dalla parrocchia di S. Maria alla Bicocca in Novara, lo scorso 26 ottobre, l’itinerario annuale delle domeniche di spiritualità e cultura proposto dall’associazione culturale diocesana “La Nuova Regaldi”. A fornire il filo rosso degli incontri mensili di questo anno – che si terranno nelle parrocchie dei vari vicariati del territorio diocesano – sarà la figura di S. Paolo, nell’anno che Papa Benedetto XVI ha dedicato all’Apostolo delle genti, nel (convenzionale) bimillenario della nascita. A guidare il gruppo alla scoperta di Paolo - il personaggio paradossalmente più documentato del Nuovo Testamento, ma meno conosciuto al popolo di Dio – l’assistente spirituale dell’associazione, don Silvio Barbaglia, docente di Esegesi biblica al seminario di Novara, che ha introdotto, prima di tutto, il contesto entro il quale è sorta l’esperienza della prime comunità cristiane. Un ambiente, come documentano gli storici più accreditati, permeato da vari tipi di giudaismo, in particolare quello tradizionale che faceva riferimento al Tempio di Gerusalemme e alle caste dei sadducei e dei farisei e il giudaismo della diaspora di lingua greca, con le sue sinagoghe, che facevano riferimento alle principali città greco-ellenistiche. Il Sinedrio (controllato dai sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani) è l’organo di autogoverno religioso del popolo ebraico, mentre sono numerosi i movimenti di carattere religioso (come gli esseni) o politico (come gli zeloti) che animano la terra d’Israele, occupata dalle legioni di Roma. In questo ambiente sorgono i discepoli del rabbino Gesù di Nazareth, che inizia a interpretare il ruolo di Messia in maniera opposta a come comunemente si pensava, tanto da muovere le folle, ma da restare, al contempo, vittima di una complotto giudeo-romano. Ma con la sua morte i suoi discepoli non si disperdono, poiché si moltiplicano le voci che Lui è stato richiamato alla vita. Il numero dei suoi seguaci cresce, invece di diminuire, e proclama che il Messia è giunto, e il popolo non lo ha riconosciuto. Nell’ambito del contrasto a questo “giudaismo-messianico”, Paolo – allievo del famoso rabbino Gamaliele, fariseo osservante, che conosce l’ebraico, il greco, il latino, che vive a Gerusalemme e si è formato come scriba, che frequenta le sinagoghe di lingua greca e forse è membro del Sinedrio e della polizia del Tempio, che aveva visto e approvato la lapidazione di Stefano – animato da uno zelo divorante e un po’ fanatico per le tradizioni dei padri, si reca a Damasco per condurre in catene i discepoli di Gesù. Qui, come documentato dagli Atti degli Apostoli (At 9,1-19) e dalla Lettera ai Galati (Gal 1, 1-24), avviene l’incontro decisivo con il Signore che gli si rivela per strada, si fa presente nella parola e nella visione, appare a lui come il Signore che adorava, svelandogli però un volto diverso da quello che lui conosceva, un volto accogliente, misericordioso, pronti a mettersi dalla parte dei più deboli e dei più poveri. Anche dalla sua parte, che era spiritualmente cieco. Paolo, così, può incontrare personalmente, nel suo intimo, Gesù Cristo e lasciarsi afferrare da Lui. Lo spiegherà più tardi, scrivendo ai cristiani della Galazia, dicendo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. L’esperienza di Paolo – ha spiegato don Barbaglia – è una forte esperienza di fede e di incontro con il Signore: un Dio che accoglie, ma che scardina anche le certezze acquisite, che dona una nuova vista su se stessi, sulle cose e sul mondo, un Dio che abbatte le paure, tra cui quella di Dio stesso. Paolo, dopo l’incontro con Gesù, scoprirà la sua vocazione: sarà chiamato a portare la parola del Signore a tutte le nazioni, come il profeta Geremia. La vocazione di Paolo – ha precisato don Silvio – è in realtà il compimento del suo giudaismo: l’incontro con Gesù gli fa comprendere di non essere giusto davanti a Dio (come aveva sempre pensato) e lo fa cambiare da persecutore in perseguitato per il Signore. La “spina nella carne” che Paolo stesso dichiarerà di soffrire a causa di Dio, saranno – secondo don Barbaglia – le avversità e le persecuzioni che dovrà subire per annunciare e testimoniare il Vangelo. Come Cristo è stato perseguitato, anche il discepolo, suggerisce l’esperienza di Paolo, sarà perseguitato. Come Stefano, il martire che Paolo ha visto morire per aderire in maniera totale al Signore Gesù.
Ufficio stampa La Nuova Regaldi
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Documenti:
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26 ott 2008
Ente Promotore:
La Nuova Regaldi (Associazione Culturale Diocesana)
Ciclo di Incontri:
Dalla Lettera di san Paolo alla Diocesi di Novara...
don Silvio Barbaglia
A pochi anni dalla morte e risurrezione, la via di Cristo non si è ancora configurata come una nuova religione, ma uno dei giudaismi, insieme con quelli di lingua aramaica e greca attestati a Gerusalemme. Una setta giudaica che resiste alla morte del suo fondatore e – unica fra tutte –proclama il compimento dell’attesa messianica di Israele. Un annuncio che minaccia di sovvertire la fede ereditata dai padri, e va quindi combattuta, in particolare a Damasco, città che, nella letteratura giudaica coeva, ha assunto il valore simbolico di punto di origine e di compimento del cammino storico di Israele. Saulo si fa carico del compito di repressione, spinto dalla fedeltà a Dio. Ma nel cammino, incontra Cristo risorto. Lui, Saulo, l’”inviato”, è chiamato da Cristo a divenire suo inviato. In Cristo dopo tre giorni di tenebre torna alla luce della vita, ricevendo il dono dello Spirito. L’inconfessata paura di Dio e le resistenze e le difese che anche un Fariseo pone a Dio, facendosi scudo della sua stessa osservanza scrupolosa della Legge, si infrangono in Saulo di fronte all’amore di Cristo, che è morto per lui, lo abbraccia dalla croce, non lo abbandona e lo coinvolge. Come Isaia, Saulo risponde consapevolmente alla chiamata, annunciando Cristo ai Giudei. Ma presto scopre che la sua autentica missione è quella rivolta ai pagani; un compito difficile, che non ha scelto, ma a cui si sente chiamato, come Geremia. Nelle avversità patite per il Vangelo, che lo torturano come una spina nella carne, Cristo è il suo unico conforto e la sua forza.
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Audio:
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26 ott 2008
Ciclo di Incontri:
Dalla Lettera di san Paolo alla Diocesi di Novara...
don Silvio Barbaglia
Per giungere al cuore della vicenda che ha trasformato la vita di Saulo di Tarso è necessario entrare in contatto con il contesto storico, sociale, religioso e amministrativo della società giudaica ai tempi di Gesù. Questo ha permesso di collocare la figura di Saulo entro una prospettiva di stretto e fervente osservante della Torah. Saulo si dirige verso Damasco, città che riassume su di sé una serie di significati legati alle attese messianiche e lì avviene l'incontro che gli ribalta la vita.
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26 ott 2008
Ciclo di Incontri:
Dalla Lettera di san Paolo alla Diocesi di Novara...
don Silvio Barbaglia
La ripresa del tema ha richiesto di entrare sempre più nel vivo dell'esperienza che ha toccato la figura di Saulo nel volere perseguitare i seguaci di Gesù a Damasco. Che cosa è avvenuto in lui, cosa ha compreso da quell'incontro, che cosa è cambiato da quel momento? Anche 2Cor 12 aiuta a comprendere qualcosa di particolarmente intimo della spiritualità e della mistica di san Paolo: la spina nella carne intesa non tanto come debolezza umana, quanto come prova nelle persecuzioni a causa di Cristo.
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26 ott 2008
Ciclo di Incontri:
Dalla Lettera di san Paolo alla Diocesi di Novara...
Al seguito dele due relazioni della giornata, una serie di questioni rivolte dai partecipanti per favorire la comprensione del maggiorni nodi problematici affrontati nell'esposizione.
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Video:
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26 ott 2008
Ciclo di Incontri:
Dalla Lettera di san Paolo alla Diocesi di Novara...
don Silvio Barbaglia
A pochi anni dalla morte e risurrezione, la via di Cristo non si è ancora configurata come una nuova religione, ma uno dei giudaismi, insieme con quelli di lingua aramaica e greca attestati a Gerusalemme. Una setta giudaica che resiste alla morte del suo fondatore e – unica fra tutte –proclama il compimento dell’attesa messianica di Israele. Un annuncio che minaccia di sovvertire la fede ereditata dai padri, e va quindi combattuta, in particolare a Damasco, città che, nella letteratura giudaica coeva, ha assunto il valore simbolico di punto di origine e di compimento del cammino storico di Israele. Saulo si fa carico del compito di repressione, spinto dalla fedeltà a Dio. Ma nel cammino, incontra Cristo risorto. Lui, Saulo, l’”inviato”, è chiamato da Cristo a divenire suo inviato. In Cristo dopo tre giorni di tenebre torna alla luce della vita, ricevendo il dono dello Spirito. L’inconfessata paura di Dio e le resistenze e le difese che anche un Fariseo pone a Dio, facendosi scudo della sua stessa osservanza scrupolosa della Legge, si infrangono in Saulo di fronte all’amore di Cristo, che è morto per lui, lo abbraccia dalla croce, non lo abbandona e lo coinvolge. Come Isaia, Saulo risponde consapevolmente alla chiamata, annunciando Cristo ai Giudei. Ma presto scopre che la sua autentica missione è quella rivolta ai pagani; un compito difficile, che non ha scelto, ma a cui si sente chiamato, come Geremia. Nelle avversità patite per il Vangelo, che lo torturano come una spina nella carne, Cristo è il suo unico conforto e la sua forza.
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