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Investire o risparmiare?. Gestire la ricchezza per creare sviluppo
Documentazione
Documentazione evento:

BORSE IMPAZZITE E FINANZA VIRTUOSA
Alle radici della crisi americana la ricerca del profitto che distrugge la fiducia reciproca

Risparmio e investimento. Sono queste, secondo l’economista Davide Maggi, docente all’Università del Piemonte Orientale di Novara, le parole chiave per comprendere la grave crisi finanziaria scoppiata in America nel 2008, le cui conseguenze hanno depresso l’economia planetaria, con le ripercussioni che stiamo vivendo in Italia e in Europa. Invitato alla sede de La Nuova Regaldi per il terzo incontro del corso di formazione “Per la cruna dell’ago. Ricucire Vangelo ed Economia”, Maggi ha spiegato come il surplus di ricchezza, generato dall’esuberante economia americana degli anni ’90, non sia servito a produrre nuova ricchezza. Infatti, concentrata nelle mani di una minoranza di cittadini del ceto più agiato, essa non ha aumentato il potere di acquisto della popolazione. Così il sistema produttivo americano, in mancanza di una crescente domanda interna, è divenuto meno attraente per gli investitori rispetto all’acquisto di titoli azionari, proposti da operatori senza scrupoli con la promessa di altissimi guadagni. A fronte, però, di rischi elevatissimi, purtroppo sottostimati dalle borse, in un clima di esuberanza che ha portato alle stelle le quotazioni di titoli privi di reale valore. Una vera “bolla” speculativa, sgonfiatasi dall’oggi al domani, travolgendo l’intero sistema economico, americano e poi mondiale. Un sistema che sta cercando faticosamente di ripartire, grazie a investimenti pubblici che stimolino la produzione e a sgravi fiscali che incentivino i consumi. Ma il bene più prezioso, polverizzato dal tracollo della finanza, è la fiducia reciproca tra gli attori economici, senza la quale è impossibile scambiare beni e concedere credito. Una fiducia che si può ricostruire solo imparando a vivere le attività produttive e finanziarie in una logica che metta al primo posto non il profitto, ma il servizio reso ai clienti e alla collettività. Una logica in cui il lavoro sia vissuto come un dono reciproco, che non strumentalizza nessuno, ma fa crescere tutti. Solo così la finanza potrà evitare le molteplici tentazioni a cui è esposta e concorrere al bene comune.
Nel prossimo incontro del corso “Per la cruna dell’ago”, sabato 16 gennaio, i riflettori saranno puntati su impresa, famiglia e Chiesa e sulla loro interazione, indispensabile alla vita della società.
 


Documenti:
09 gen 2010
Ente Promotore: La Nuova Regaldi (Associazione Culturale Diocesana)
Ciclo di Incontri: Per la cruna dell'ago

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Davide Maggi

Risparmio e investimento. Sono queste le parole chiave per comprendere la grave crisi finanziaria scoppiata in America nel 1929 e la crisi del 2008, le cui conseguenze hanno depresso l’economia planetaria, con le ripercussioni che stiamo vivendo in Italia e in Europa. Il surplus di ricchezza, generato dall’esuberante economia americana degli anni ’90, non è servito a produrre nuova ricchezza. Infatti, concentrata nelle mani di pochi ricchi, essa non ha aumentato il potere di acquisto della popolazione. Così il sistema produttivo americano, in mancanza di una crescente domanda interna, è divenuto meno attraente per gli investitori rispetto all’acquisto di titoli azionari, proposti da operatori senza scrupoli con la promessa di altissimi guadagni. A fronte, però, di rischi elevatissimi, purtroppo sottostimati dalle borse, in un clima di esuberanza che ha portato alle stelle le quotazioni di titoli privi di reale valore. Una vera “bolla” speculativa, sgonfiatasi dall’oggi al domani, travolgendo l’intero sistema economico, americano e poi mondiale. Un sistema che sta cercando faticosamente di ripartire, grazie a investimenti pubblici che stimolino la produzione e a sgravi fiscali che incentivino i consumi. Ma il bene più prezioso, polverizzato dal tracollo della finanza, è la fiducia reciproca tra gli attori economici, senza la quale è impossibile scambiare beni e concedere credito. Una fiducia che si può ricostruire solo imparando a vivere le attività produttive e finanziarie in una logica che metta al primo posto non il profitto, ma il servizio reso ai clienti e alla collettività. Una logica in cui il lavoro sia vissuto come un dono reciproco, che non strumentalizza nessuno, ma fa crescere tutti. Solo così la finanza potrà evitare le molteplici tentazioni cui è esposta e concorrere al bene comune.

Audio:
09 gen 2010
Ciclo di Incontri: Per la cruna dell'ago

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Davide Maggi

Risparmio e investimento. Sono queste le parole chiave per comprendere la grave crisi finanziaria scoppiata in America nel 1929 e la crisi del 2008, le cui conseguenze hanno depresso l’economia planetaria, con le ripercussioni che stiamo vivendo in Italia e in Europa. Il surplus di ricchezza, generato dall’esuberante economia americana degli anni ’90, non è servito a produrre nuova ricchezza. Infatti, concentrata nelle mani di pochi ricchi, essa non ha aumentato il potere di acquisto della popolazione. Così il sistema produttivo americano, in mancanza di una crescente domanda interna, è divenuto meno attraente per gli investitori rispetto all’acquisto di titoli azionari, proposti da operatori senza scrupoli con la promessa di altissimi guadagni. A fronte, però, di rischi elevatissimi, purtroppo sottostimati dalle borse, in un clima di esuberanza che ha portato alle stelle le quotazioni di titoli privi di reale valore. Una vera “bolla” speculativa, sgonfiatasi dall’oggi al domani, travolgendo l’intero sistema economico, americano e poi mondiale. Un sistema che sta cercando faticosamente di ripartire, grazie a investimenti pubblici che stimolino la produzione e a sgravi fiscali che incentivino i consumi. Ma il bene più prezioso, polverizzato dal tracollo della finanza, è la fiducia reciproca tra gli attori economici, senza la quale è impossibile scambiare beni e concedere credito. Una fiducia che si può ricostruire solo imparando a vivere le attività produttive e finanziarie in una logica che metta al primo posto non il profitto, ma il servizio reso ai clienti e alla collettività. Una logica in cui il lavoro sia vissuto come un dono reciproco, che non strumentalizza nessuno, ma fa crescere tutti. Solo così la finanza potrà evitare le molteplici tentazioni cui è esposta e concorrere al bene comune.


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