Documentazione evento:
"Noi non sappiamo chi era, noi non sappiamo chi fu, ma si faceva chiamare Gesù..." Quando alla comunione ho ascoltato questo canto composto da Alberto Agape subito sono tornato agli anni della mia infanzia, quando all'oratorio del mio paese, da ragazzino, ero colpito da queste parole e dai giovani che le cantavano: colui di cui non conosciamo bene l'identità, si faceva chiamare Gesù.
Risentire queste parole oggi, in questa Chiesa, all'inizio del cammino di Noviziato di Irene mi è parso di ascoltare nuovamente la questione di fondo della vita: seguire Gesù! Ma è proprio questo seguirlo che produce l'impressione di non conoscerlo mai a sufficienza, un mistero vero che sfugge appena si crede di averlo afferrato.
Con la Vestizione, Irene inizia il Noviziato: il vestito è una realtà esterna, di superficie ma vuole raccontare anche quel che sta dentro e dietro all'esperienza del cuore. Come la veste bianca nel giorno del Battesimo. Ed è per questo che alla "Veste" corrisponde il "Nuovo", come alla Vestizione corrisponde il Noviziato. Sì, perché il Noviziato è l'esperienza della novità, ma è anche il luogo della sperimentazione della "novità" così come il santo libro dell'apocalisse di San Giovanni ci ricorda: "Ecco faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5). Vivere la autentica spiritualità cristiana significa anzitutto non ricercare sempre cose nuove, ma sapere vivere e vedere in modo nuovo le stesse cose. E qui sta la sfida. In un momastero, se pur tra mille faccende affaccendate, vi è un momento, quello dell'adorazione silenziosa che per eccellenza si presenta come la quintessenza dell'identità, della staticità, e anche dell'immobilità: Lui sempre identico è la fonte del rinnovamento e nella relazione di fiducia scaturisce lo sguardo nuovo con il quale osservare le stesse faccende quotidiane, gli stessi impegni, gli stessi conflitti che qua e là ogni comunità o gruppo di persone deve imparare a gestire. Seminare il Vengelo nelle relazioni significa seminare la novità di Cristo nelle stesse e identiche cose a cui quotidianamente siamo chiamati. E il Noviziato è la palestra della spiritualità cristiana nella direzione della consacrazione perpetua.
E il Noviziato con la sua Vestizione è un po' come il fidanzamento rispetto all'anello: due giovani si vogliono bene e decidono di compiere il primo passo ufficiale attraverso il fidanzamento, donandosi l'anello, il vincolo che permette di intraprendere una strada di libertà insieme. Non sempre l'amore di due giovani è capito al di fuori del loro amarsi: il gioco delle relazioni permette di capire e ma anche di non farsi capire... il rischio dell'amore è anche quello dell'abbandono o dell'incomprensione degli altri, quando l'amore non è capito anche dalle persone più vicine.
E quando una giovane decide di "fidanzarsi" con il suo Signore è cosciente che questo per la sua vita e nella sua vita può produrre riconciliazioni, stima, fiducia e stupore accanto a ferite, delusioni e incomprensioni. Questa è la storia di tanti "fidanzamenti" con il Signore e ci sarebbe da stupirsi se il Vangelo che entra nella vita non producesse qualche lacerazione, nella persona coinvolta nella storia, anzitutto, ma anche nelle vicinanze della persona coinvolta. E la solitudine di una vocazione può anche essere il luogo della prova e della tenuta dell'amore che va oltre i sensi, il sentire e il sentimento, ma sa che oltre tutto ciò, vi è una presenza che forse tace, vi è un silenzio, ma non il vuoto, vi è una parola che attende e che ha ritmi propri che non dipendono dalla pulsione del nostro cuore...
Cercare e ri-cercare Gesù, perché una volta trovato, come nel Cantico dei Cantici, occorre ripartire a ricercarlo. E la vita di fede altro non è. Ma alla fine restano poche cose essenziali e su queste vale la pena di guardare già da lontano: una scelta che punta all'essenza delle cose, alla sobrietà della vita è ancora oggi un canto che si libra nell'aria e fa esplodere il desiderio di "vedere il Signore".
La sosta nell'adorazione è la sorgente limpida della Vita vera e questa sosta, come al pozzo di Sicar, divenga l'incontro con la fonte della Vita come in quella storia vocazionale di una "fidanzata" del Signore che comprese che con Lui "dentro" non sarebbe più ritornata al pozzo, ma da lei sarebbe scaturita la presenza di Lui, da dentro: lo Spirito che si diffonde attraverso la vita di chi adora che è specchio della Vita che ci ama!
E con un testo molto amato da Irene e da chi scrive chiudo questa riflessione, dalla Passione secondo G.H. di Clarice Lispector:
"Il mondo non dipendeva da me - questa era la fiducia cui ero arrivata: il mondo indipendeva da me, e non capisco ciò che vado dicendo, mai! mai più comprenderò ciò che dirò. Perché, come potrei parlare senza che la parola menta per me? come potrò dire se non timidamente: la vita mi è. La vita mi è, e non capisco ciò che dico. E allora adoro".
Don Silvio Barbaglia