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Darwinismo. Una teoria "in evoluzione"? |
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Documentazione evento:
DARWINISMO: QUANDO LA BIOLOGIA DIVENTA IDEOLOGIA
Il biologo Tortora e il filosofo Petagine a confronto sulle “Questioni di Principio”
«L’evoluzione dei viventi è un fatto indubitabile», ma «la teoria di Darwin e i suoi sviluppi odierni sono inadeguati per interpretare l’uomo e la società». L’hanno detto rispettivamente Paolo Tortora, docente di Biologia molecolare all’Università di Milano-Bicocca, e Antonio Petagine, docente di Filosofia all’Università di Fribourg, sabato 7 febbraio a Novara nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi, all’incontro “Darwinismo. Una teoria in evoluzione?” condotto da Luigi Cannata nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. Le intuizioni espresse da Darwin a partire dal 1859 con la pubblicazione de “L’origine delle specie per mezzo della selezione naturale” «sono confermate – ha affermato Tortora – da innumerevoli dati raccolti con le più moderne tecniche di indagine, e avvalorate dalle acquisizioni della biologia molecolare»: le specie viventi appaiono soggette a variazioni genetiche che possono rendere gli individui mutanti più adatti a sopravvivere, e quindi a riprodursi, nell’ambiente a cui appartengono. I cambiamenti geologici e climatici subiti dal pianeta si sono aggiunti a questa spontanea trasformazione, determinando il variare nel tempo dei caratteri delle specie, l’estinguersi di alcune e il sorgere di altre. È un processo, iniziato 3500 milioni di anni fa con la comparsa dei primi organismi unicellulari e orientato – ha spiegato Petagine, citando Darwin – verso «il più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori…, forme bellissime e meravigliose», rese possibili «dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte». Idee che, fatte proprie dal Nazismo e applicate all’evoluzione storica dei popoli, consentirono di vedere nella razza ariana l’obiettivo di un percorso evolutivo naturale che poteva essere favorito con la soppressione di razze e individui ritenuti inferiori e devianti. In reazione a quest’aberrante prospettiva si è sviluppato, a partire dal 1940, un pensiero neo-darwinista che – ha proseguito Petagine – considera l’evoluzione come un processo assolutamente casuale e privo di finalità, in cui l’essere umano non può quindi essere ritenuto “più evoluto” di un batterio, e in cui il destino di un individuo è il semplice prodotto dei suoi geni combinato con le dinamiche della popolazione umana mondiale. Ma se «le leggi di un’evoluzione affidata al caso vacillano – ha detto Tortora – nello spiegare lo sviluppo in natura di un organo altamente sofisticato come l’occhio», tanto meno possono essere «comprese in termini biologici – ha concluso Petagine – le motivazioni interiori che animano uomini e donne capaci di amare il prossimo fino al sacrificio della vita». |
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Audio:
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07 feb 2015
Ciclo di Incontri:
Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull'Inizio
Antonio Petagine ,
Paolo Tortora
DARWINISMO: QUANDO LA BIOLOGIA DIVENTA IDEOLOGIA
Il biologo Tortora e il filosofo Petagine a confronto sulle “Questioni di Principio”
«L’evoluzione dei viventi è un fatto indubitabile», ma «la teoria di Darwin e i suoi sviluppi odierni sono inadeguati per interpretare l’uomo e la società». L’hanno detto rispettivamente Paolo Tortora, docente di Biologia molecolare all’Università di Milano-Bicocca, e Antonio Petagine, docente di Filosofia all’Università di Fribourg, sabato 7 febbraio a Novara nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi, all’incontro “Darwinismo. Una teoria in evoluzione?” condotto da Luigi Cannata nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. Le intuizioni espresse da Darwin a partire dal 1859 con la pubblicazione de “L’origine delle specie per mezzo della selezione naturale” «sono confermate – ha affermato Tortora – da innumerevoli dati raccolti con le più moderne tecniche di indagine, e avvalorate dalle acquisizioni della biologia molecolare»: le specie viventi appaiono soggette a variazioni genetiche che possono rendere gli individui mutanti più adatti a sopravvivere, e quindi a riprodursi, nell’ambiente a cui appartengono. I cambiamenti geologici e climatici subiti dal pianeta si sono aggiunti a questa spontanea trasformazione, determinando il variare nel tempo dei caratteri delle specie, l’estinguersi di alcune e il sorgere di altre. È un processo, iniziato 3500 milioni di anni fa con la comparsa dei primi organismi unicellulari e orientato – ha spiegato Petagine, citando Darwin – verso «il più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori…, forme bellissime e meravigliose», rese possibili «dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte». Idee che, fatte proprie dal Nazismo e applicate all’evoluzione storica dei popoli, consentirono di vedere nella razza ariana l’obiettivo di un percorso evolutivo naturale che poteva essere favorito con la soppressione di razze e individui ritenuti inferiori e devianti. In reazione a quest’aberrante prospettiva si è sviluppato, a partire dal 1940, un pensiero neo-darwinista che – ha proseguito Petagine – considera l’evoluzione come un processo assolutamente casuale e privo di finalità, in cui l’essere umano non può quindi essere ritenuto “più evoluto” di un batterio, e in cui il destino di un individuo è il semplice prodotto dei suoi geni combinato con le dinamiche della popolazione umana mondiale. Ma se «le leggi di un’evoluzione affidata al caso vacillano – ha detto Tortora – nello spiegare lo sviluppo in natura di un organo altamente sofisticato come l’occhio», tanto meno possono essere «comprese in termini biologici – ha concluso Petagine – le motivazioni interiori che animano uomini e donne capaci di amare il prossimo fino al sacrificio della vita».
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07 feb 2015
Ciclo di Incontri:
Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull'Inizio
Antonio Petagine
Paolo Tortora ,
DARWINISMO: QUANDO LA BIOLOGIA DIVENTA IDEOLOGIA
Il biologo Tortora e il filosofo Petagine a confronto sulle “Questioni di Principio”
«L’evoluzione dei viventi è un fatto indubitabile», ma «la teoria di Darwin e i suoi sviluppi odierni sono inadeguati per interpretare l’uomo e la società». L’hanno detto rispettivamente Paolo Tortora, docente di Biologia molecolare all’Università di Milano-Bicocca, e Antonio Petagine, docente di Filosofia all’Università di Fribourg, sabato 7 febbraio a Novara nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi, all’incontro “Darwinismo. Una teoria in evoluzione?” condotto da Luigi Cannata nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. Le intuizioni espresse da Darwin a partire dal 1859 con la pubblicazione de “L’origine delle specie per mezzo della selezione naturale” «sono confermate – ha affermato Tortora – da innumerevoli dati raccolti con le più moderne tecniche di indagine, e avvalorate dalle acquisizioni della biologia molecolare»: le specie viventi appaiono soggette a variazioni genetiche che possono rendere gli individui mutanti più adatti a sopravvivere, e quindi a riprodursi, nell’ambiente a cui appartengono. I cambiamenti geologici e climatici subiti dal pianeta si sono aggiunti a questa spontanea trasformazione, determinando il variare nel tempo dei caratteri delle specie, l’estinguersi di alcune e il sorgere di altre. È un processo, iniziato 3500 milioni di anni fa con la comparsa dei primi organismi unicellulari e orientato – ha spiegato Petagine, citando Darwin – verso «il più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori…, forme bellissime e meravigliose», rese possibili «dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte». Idee che, fatte proprie dal Nazismo e applicate all’evoluzione storica dei popoli, consentirono di vedere nella razza ariana l’obiettivo di un percorso evolutivo naturale che poteva essere favorito con la soppressione di razze e individui ritenuti inferiori e devianti. In reazione a quest’aberrante prospettiva si è sviluppato, a partire dal 1940, un pensiero neo-darwinista che – ha proseguito Petagine – considera l’evoluzione come un processo assolutamente casuale e privo di finalità, in cui l’essere umano non può quindi essere ritenuto “più evoluto” di un batterio, e in cui il destino di un individuo è il semplice prodotto dei suoi geni combinato con le dinamiche della popolazione umana mondiale. Ma se «le leggi di un’evoluzione affidata al caso vacillano – ha detto Tortora – nello spiegare lo sviluppo in natura di un organo altamente sofisticato come l’occhio», tanto meno possono essere «comprese in termini biologici – ha concluso Petagine – le motivazioni interiori che animano uomini e donne capaci di amare il prossimo fino al sacrificio della vita».
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