Descrizione evento:
Un palestinese porta la croce. Le condizioni delle comunità cristiane in Terra Santa
«L’identità è importante. Non si può camminare senza identità. E' vero, la mia identità è un po' complicata». Complicata, ma in senso positivo, come una somma di fattori che arricchisce: Geries Sa'ed Khoury è palestinese e dunque arabo, è cristiano (appartiene alla Chiesa melchita) ed è cittadino isrealiano. Lo spiega lui stesso nel libro “Un palestinese porta la croce”, Editrice Missionaria Italiana, che ha presentato nei giorni scorsi a Venezia, presso il Patronato dei Frari, dove la Gazzetta Veneta lo ha incontrato a margine della conferenza.
A questa identità così complessa Khoury, che dirige il Centro “Al-Liqa'” per gli studi religiosi in Terrasanta di Gerusalemme, dedica un intero capitolo del libro. Tra le altre cose scrive: «Io sono arabo, palestinese, cristiano, cittadino dello Stato d'Israele. Ciò significa che non tutti gli arabi sono musulmani, non tutti gli arabi sono palestinesi, non tutti i musulmani sono arabi, non tutti i palestinesi sono musulmani, non tutti i cristiani sono occidentali, non tutti gli israeliani sono ebrei, non tutti gli ebrei sono israeliani...». Molte volte nella sua vita, racconta nel libro, Khoury ha dovuto spiegare di essere sì arabo, ma non per questo musulmano: l'equazione arabo uguale musulmano è molto frequente tra gli occidentali. «Eppure – ci spiega – i cristiani sono arrivati in Terrasanta 650 anni prima dell'Islam ed erano lì all'inizio della storia della Chiesa, 2000 anni fa». «Però – aggiunge Khoury – questa complessità è ricchezza di tanti elementi, vuol dire dare colore alla mia identità. Essere arabo è una cosa grande, essere arabo palestinese dà già una certa definizione, essere cristiano dà un significato ancora».