Descrizione evento:
A conclusione di "ESCHATOS. Il futuro del cosmo e della storia" e per la prima volta a Novara
“Big Bang.
Spettacolo teatrale sull'origine dell'universo e della vita tra scienza, poesia e teologia”
Con
Lucilla Giagnoni
Prenotazione del biglietto a 10,00 € presso la biglietteria online del Teatro Coccia di Novara (http://biglietteria.fondazioneteatrococcia.it/)
Collaborazione al testo Maria Rosa Pantè
Collaborazione alla drammaturgia scenica Paola Rota
Musiche originali di Paolo Pizzimenti
Scene e luci Massimo Violato
Abito di scena Fabiana Bassani
Segreteria di produzione Elisa Zanino
Produzione Fondazione Teatro Piemonte Europa e Torino Spiritualità
Si ringraziano Alba Zanini per la consulenza scientifica,
Don Silvio Barbaglia per la consulenza sul testo biblico
e Igor Sibaldi per la preziosa collaborazione
con il Patrocinio del Centro UNESCO di Torino
“In astrofisica si definisce Orizzonte degli eventi quell’area del cosmo che si determina quando una stella, giunta al termine della sua vita, collassa e muore.(...) la stella di fatto svanisce, scomparendo alla vista, ma non agli eventi che, anzi, a quel punto sono tutti possibili. (…) il Teatro è un Orizzonte degli eventi: una zona oscura al cui interno tutto è possibile”
Sandro Lombardi
Il mio ultimo spettacolo “Vergine Madre” è stato un lavoro sulla Divina Commedia di Dante.
La Divina Commedia indica il Fine ultimo dell’Uomo.
“Big Bang” è una ricerca sugli “INIZI” a partire dall’ultima parola della Commedia: “STELLE”.
Il viaggio della Divina Commedia conduce dagli abissi dell’inferno all’ultimo cielo del paradiso.
Con la visione della luce della stella luminosissima di Dio avviene l’incontro epocale tra l’Uomo e Dio. Il poeta, l’artista, si pone dinanzi a Dio e ce lo racconta.
Dopo questo viaggio il “ teatro del mondo” non può essere più lo stesso. Con la Divina Commedia si spalanca una nuova era.
L’uomo non si accontenta più di contemplare Dio. Inizia a scrutare con sguardo nuovo quel cielo in cui c’è Dio, e col tempo, con i calcoli, con le nuove matematiche, con le nuove tecnologie, scopre che l’incorruttibilità della sfera stellare non è affatto incorruttibile. Che non è sempre uguale a se stessa.
I cieli del medioevo cambiano e non appena la cosmologia greocentrica di Tolomeo si sgretola, ecco che l’universo non è più il nido costruito intorno all’uomo, “rappresentato” in funzione dell’uomo. L’uomo non si vede più al centro di tutte le sfere: di colpo si trova di fronte ad un universo infinito nel quale è solo una creatura assolutamente marginale.
Keplero trova le prove matematiche alle teorie copernicane; Galileo, le prove sperimentali; insieme rovesciano per sempre la “rappresentazione del mondo”.
Si spalanca l’inimmaginabile, fuochi di stelle senza fine, innumerabili e sconosciute che splendono nel buio del cielo emergendo dal nulla.
Non ci sono più pareti rassicuranti.
Il 1600 è il teatro di questa rappresentazione.
Nel 1606 in Inghilterra Shakespeare dà alla luce Amleto: “potrei essere rinchiuso in un guscio di noce e sentirmi re dello spazio infinito”. Una vertigine.
Newton, alla fine della sua vita, nel 1727, scrive di sentirsi ancora come un fanciullo che in riva al mare metta in ordine conchiglie ma che alzando lo sguardo veda solo l’immensità dell’ignoto oceano.
Arriviamo al 1900. ‘600 e ‘900 conoscono le stesse vertigini:
La scienza del XX secolo sonda l’infinitamente piccolo del mondo subatomico con la meccanica quantistica e con la relatività generale di Einstein spiega l’infinitamente grande.
I tempi e gli spazi oggi sono misurati in miliardi di anni luce o in frazioni piccolissime di millimetri.
L’incommensurabile è divenuto un dato di fatto e l’uomo di oggi può osservarlo, e osservando può recuperare il senso del suo esistere al mondo.
Insomma, abbiamo bisogno di guardare le stelle. Le stelle che ci indica Dante.
Il fatto è che l’inquinamento luminoso è tale che le stelle sono quasi del tutto uscite dalla nostra vita quotidiana, si è persa l’esperienza del confronto con l’infinito che dà la misura all’uomo.
L’infinito è sempre più esperienza esclusiva di poeti, teologi o scienziati: Dante, Amleto, Don Chisciotte, di Einstein che sognava da ragazzo di viaggiare a cavallo di un raggio di luce, correndo alla sua stessa velocità, “verso l’infinito e oltre…” alla ricerca del senso di quell’ “oltre” l’infinito.
Lo studioso del cosmo, che cerca le componenti fondamentali, le cause dell’inizio, scruta ogni segnale di passati lontanissimi fino ad arrivare a pochi attimi prima del big bang per capire la direzione delle galassie e degli universi.
Lo studioso dei testi sacri, che cerca di trovare la chiave di un’interpretazione definitiva e perfetta del Libro degli Inizi.
L’attore, che vive letteralmente nelle nuove rappresentazioni del mondo che arrivano dalla scienza e dall’ermeneutica.
Un punto d’incontro ci può essere. Un punto di conciliazione.
Se “lo scopo del teatro, agli inizi come ora, è stato sempre ed è di porgere, uno specchio alla natura”
se le nuove traduzioni dei primi passi del libro della Genesi rivelano una creazione che concorda in molti tratti con quella che negli ultimi secoli la scienza ha cominciato a ipotizzare,
se troveremo la formula che cercava Einstein che concili meccanica quantistica e relatività, infinitamente piccolo e infinitamente grande, allora si apriranno nuovi “Teatri del Mondo” e, sono sicura, potremo guardare di nuovo con fiducia al nostro “guscio di noce”.
Lucilla Giagnoni
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