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24 gen 2015
Ciclo di incontri:
Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull'Inizio
don Silvio Barbaglia,
Rav Vittorio Robiati Bendaud
NEL GIARDINO DI EDEN, DOVE L’ALBERO È FONTE DI VITA
Il rabbino Robiati Bendaud e il Biblista Barbaglia alle “Questioni di Principio”
Non l’esplosione del big bang, ma «una “contrazione”, con cui Dio si ritrae per lasciare posto all’universo». È la spiegazione dell’Origine elaborata dalla mistica ebraica, offerta da rav Vittorio Robiati Bendaud sabato 24 gennaio a Novara presso l’Auditorium della Banca Popolare di Novara, all’incontro “In un albero c’è un violino d’amore” condotto da Lucia Iorio nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. «Dio rinuncia così a essere onnipotente – spiega Robiati Bendaud – e accetta il rischio di affidare all’uomo uno spazio di libertà, chiamandolo a una responsabilità radicale». È una concezione che convive nel pensiero ebraico con elaborazioni teoriche che, sposando la filosofia neoplatonica medioevale, «vedono nell’universo un’emanazione di Dio, pura essenza spirituale, da cui ogni realtà è generata in un degradare secondo sfere concentriche, fino al mondo terrestre, materiale ma anch’esso pervaso dallo spirito del Creatore». Ogni creatura è quindi sacra, e in particolare l’albero, che – prosegue Robiati Bendaud – «consolida il suolo, preserva l’umidità del terreno e offre i frutti per il nutrimento dell’uomo. Per questo esso è scelto dalla Bibbia come simbolo di vita e della Legge di Dio, e come metafora dell’uomo giusto, che vive nel rispetto e nell’amore di questa Legge». È l’ideale della perfetta comunione con Dio, che don Franco Belloni, docente di Botanica, ha cercato di suggerire e rendere tangibile nell’armonia di forme e colori del “Giardino Spirituale”, realizzato nel parco dell’Istituto “G. Bonfantini” di Novara e mostrato al pubblico in una proiezione di immagini sui grandi schermi dell’auditorium. Una sorta di nuovo Eden, il giardino descritto dal libro della Genesi che – afferma don Silvio Barbaglia – «rappresenta il Tempio di Gerusalemme, da cui Israele è cacciato con la deportazione a Babilonia, e il racconto ne attribuisce la causa alla rottura dell’alleanza con Dio da parte di Adamo ed Eva, che cedono alla tentazione del serpente». Questi è stato interpretato dalla lettura cristiana come simbolo del Male, ma «nelle intenzioni originarie esso è simbolo dei culti idolatrici cananaici e delle arti divinatorie, in cui l’uomo cerca di carpire i segreti di Dio, invece che vivere la relazione con lui che assicura la vita». Il ritorno definitivo all’unione con Dio si compirà «nella nuova Gerusalemme, in cui l’albero della vita, collocato al centro della città, è sorgente di un corso d’acqua, lungo il quale sorgono alberi che danno frutti in ogni mese dell’anno». È il trionfo della vita, rinnovata da Dio.
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07 feb 2015
Ciclo di incontri:
Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull'Inizio
Antonio Petagine,
Paolo Tortora
DARWINISMO: QUANDO LA BIOLOGIA DIVENTA IDEOLOGIA
Il biologo Tortora e il filosofo Petagine a confronto sulle “Questioni di Principio”
«L’evoluzione dei viventi è un fatto indubitabile», ma «la teoria di Darwin e i suoi sviluppi odierni sono inadeguati per interpretare l’uomo e la società». L’hanno detto rispettivamente Paolo Tortora, docente di Biologia molecolare all’Università di Milano-Bicocca, e Antonio Petagine, docente di Filosofia all’Università di Fribourg, sabato 7 febbraio a Novara nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi, all’incontro “Darwinismo. Una teoria in evoluzione?” condotto da Luigi Cannata nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. Le intuizioni espresse da Darwin a partire dal 1859 con la pubblicazione de “L’origine delle specie per mezzo della selezione naturale” «sono confermate – ha affermato Tortora – da innumerevoli dati raccolti con le più moderne tecniche di indagine, e avvalorate dalle acquisizioni della biologia molecolare»: le specie viventi appaiono soggette a variazioni genetiche che possono rendere gli individui mutanti più adatti a sopravvivere, e quindi a riprodursi, nell’ambiente a cui appartengono. I cambiamenti geologici e climatici subiti dal pianeta si sono aggiunti a questa spontanea trasformazione, determinando il variare nel tempo dei caratteri delle specie, l’estinguersi di alcune e il sorgere di altre. È un processo, iniziato 3500 milioni di anni fa con la comparsa dei primi organismi unicellulari e orientato – ha spiegato Petagine, citando Darwin – verso «il più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori…, forme bellissime e meravigliose», rese possibili «dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte». Idee che, fatte proprie dal Nazismo e applicate all’evoluzione storica dei popoli, consentirono di vedere nella razza ariana l’obiettivo di un percorso evolutivo naturale che poteva essere favorito con la soppressione di razze e individui ritenuti inferiori e devianti. In reazione a quest’aberrante prospettiva si è sviluppato, a partire dal 1940, un pensiero neo-darwinista che – ha proseguito Petagine – considera l’evoluzione come un processo assolutamente casuale e privo di finalità, in cui l’essere umano non può quindi essere ritenuto “più evoluto” di un batterio, e in cui il destino di un individuo è il semplice prodotto dei suoi geni combinato con le dinamiche della popolazione umana mondiale. Ma se «le leggi di un’evoluzione affidata al caso vacillano – ha detto Tortora – nello spiegare lo sviluppo in natura di un organo altamente sofisticato come l’occhio», tanto meno possono essere «comprese in termini biologici – ha concluso Petagine – le motivazioni interiori che animano uomini e donne capaci di amare il prossimo fino al sacrificio della vita».
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21 feb 2015
Ciclo di incontri:
Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull'Inizio
Luciano Eusebi
GENDER, NO A CONTRAPPOSIZIONI IDEOLOGICHE E CONFESSIONALI
Luciano Eusebi a Novara per le “Questioni di Principio”
«Con la teoria del “Gender” non lo scontro ideologico, ma un dialogo rispettoso e sereno». È l’invito che Luciano Eusebi, docente di Diritto penale all’Università Cattolica ed esperto di questioni di bioetica, ha rivolto al pubblico presente a Novara nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi, sabato 21 febbraio, all’incontro “X, Y… Z? Cromosomi del Gender tra natura e cultura” introdotto e condotto da don Pierdavide Guenzi nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. «I toni allarmistici e polemici di alcune militanze cattoliche un po’ troppo identitarie rischiano l’effetto boomerang – ha aggiunto Eusebi –, rinforzando l’opinione che gli interrogativi etici sulla sessualità umana siano soltanto frutto di “impuntature” religiose, e perciò privi di interesse per la società laica». Ma le conseguenze educative e le implicazioni giuridiche della nuova visione della sessualità, che si sta diffondendo nelle scuole come standard educativo – ha spiegato Eusebi –, «pongono interrogativi che riguardano tutti, resi sempre più pressanti dalle possibilità offerte dalle nuove tecniche mediche, grazie alle quali la generazione può divenire un semplice incontro tra i gameti, che prescinde dalle relazioni personali tra i loro donatori». Occorre perciò domandarsi se le modalità di dare e accogliere la vita che la natura ha inscritto nel corpo maschile e femminile e nel loro incontro siano puramente casuali o racchiudano un significato essenziale per l’interpretazione dell’umano. E chiedersi, di conseguenza, se l’orientamento sessuale sia frutto di una pura scelta soggettiva – come vorrebbero le frange estreme della teoria del Gender – o di un graduale processo di autoconoscenza che procede dall’accoglienza e valorizzazione del dato biologico corporeo. «Si tratta di interrogativi di natura etica, sui quali si fonda la laicità dell’ordinamento democratico – ha affermato Eusebi – e che dovrebbero creare coesione e collaborazione nella ricerca di ciò che rende degno essere uomini, piuttosto che contrappore le parti sociali nel rivendicare il proprio credo». Così il vero problema del disegno di legge Scalfarotto in esame al Senato non è se il parroco a messa potrà parlare di famiglia senza temere l’intervento del giudice o se gli insegnanti potranno obiettare alla richiesta di insegnare modelli di sessualità contrari alle loro convinzioni, ma il fatto che – in nome di una giusta lotta contro l’omofobia – «l’orientamento sessuale potrebbe diventare anch’esso, come razza, religione e sesso, un elemento rispetto al quale siano inammissibili differenze di diritti tra persone». Ma questo aprirebbe una strada per rivendicare l’ammissibilità del matrimonio tra omosessuali, in nome della lotta alle discriminazioni e aggirando una valutazione attenta e condivisa sulla sua opportunità per il bene collettivo.
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24 gen 2015
Ciclo di incontri:
Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull'Inizio
don Silvio Barbaglia,
Rav Vittorio Robiati Bendaud
NEL GIARDINO DI EDEN, DOVE L’ALBERO È FONTE DI VITA
Il rabbino Robiati Bendaud e il Biblista Barbaglia alle “Questioni di Principio”
Non l’esplosione del big bang, ma «una “contrazione”, con cui Dio si ritrae per lasciare posto all’universo». È la spiegazione dell’Origine elaborata dalla mistica ebraica, offerta da rav Vittorio Robiati Bendaud sabato 24 gennaio a Novara presso l’Auditorium della Banca Popolare di Novara, all’incontro “In un albero c’è un violino d’amore” condotto da Lucia Iorio nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. «Dio rinuncia così a essere onnipotente – spiega Robiati Bendaud – e accetta il rischio di affidare all’uomo uno spazio di libertà, chiamandolo a una responsabilità radicale». È una concezione che convive nel pensiero ebraico con elaborazioni teoriche che, sposando la filosofia neoplatonica medioevale, «vedono nell’universo un’emanazione di Dio, pura essenza spirituale, da cui ogni realtà è generata in un degradare secondo sfere concentriche, fino al mondo terrestre, materiale ma anch’esso pervaso dallo spirito del Creatore». Ogni creatura è quindi sacra, e in particolare l’albero, che – prosegue Robiati Bendaud – «consolida il suolo, preserva l’umidità del terreno e offre i frutti per il nutrimento dell’uomo. Per questo esso è scelto dalla Bibbia come simbolo di vita e della Legge di Dio, e come metafora dell’uomo giusto, che vive nel rispetto e nell’amore di questa Legge». È l’ideale della perfetta comunione con Dio, che don Franco Belloni, docente di Botanica, ha cercato di suggerire e rendere tangibile nell’armonia di forme e colori del “Giardino Spirituale”, realizzato nel parco dell’Istituto “G. Bonfantini” di Novara e mostrato al pubblico in una proiezione di immagini sui grandi schermi dell’auditorium. Una sorta di nuovo Eden, il giardino descritto dal libro della Genesi che – afferma don Silvio Barbaglia – «rappresenta il Tempio di Gerusalemme, da cui Israele è cacciato con la deportazione a Babilonia, e il racconto ne attribuisce la causa alla rottura dell’alleanza con Dio da parte di Adamo ed Eva, che cedono alla tentazione del serpente». Questi è stato interpretato dalla lettura cristiana come simbolo del Male, ma «nelle intenzioni originarie esso è simbolo dei culti idolatrici cananaici e delle arti divinatorie, in cui l’uomo cerca di carpire i segreti di Dio, invece che vivere la relazione con lui che assicura la vita». Il ritorno definitivo all’unione con Dio si compirà «nella nuova Gerusalemme, in cui l’albero della vita, collocato al centro della città, è sorgente di un corso d’acqua, lungo il quale sorgono alberi che danno frutti in ogni mese dell’anno». È il trionfo della vita, rinnovata da Dio.
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07 feb 2015
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Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull'Inizio
Antonio Petagine,
Paolo Tortora
DARWINISMO: QUANDO LA BIOLOGIA DIVENTA IDEOLOGIA
Il biologo Tortora e il filosofo Petagine a confronto sulle “Questioni di Principio”
«L’evoluzione dei viventi è un fatto indubitabile», ma «la teoria di Darwin e i suoi sviluppi odierni sono inadeguati per interpretare l’uomo e la società». L’hanno detto rispettivamente Paolo Tortora, docente di Biologia molecolare all’Università di Milano-Bicocca, e Antonio Petagine, docente di Filosofia all’Università di Fribourg, sabato 7 febbraio a Novara nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi, all’incontro “Darwinismo. Una teoria in evoluzione?” condotto da Luigi Cannata nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. Le intuizioni espresse da Darwin a partire dal 1859 con la pubblicazione de “L’origine delle specie per mezzo della selezione naturale” «sono confermate – ha affermato Tortora – da innumerevoli dati raccolti con le più moderne tecniche di indagine, e avvalorate dalle acquisizioni della biologia molecolare»: le specie viventi appaiono soggette a variazioni genetiche che possono rendere gli individui mutanti più adatti a sopravvivere, e quindi a riprodursi, nell’ambiente a cui appartengono. I cambiamenti geologici e climatici subiti dal pianeta si sono aggiunti a questa spontanea trasformazione, determinando il variare nel tempo dei caratteri delle specie, l’estinguersi di alcune e il sorgere di altre. È un processo, iniziato 3500 milioni di anni fa con la comparsa dei primi organismi unicellulari e orientato – ha spiegato Petagine, citando Darwin – verso «il più alto risultato che si possa concepire, cioè la produzione degli animali superiori…, forme bellissime e meravigliose», rese possibili «dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte». Idee che, fatte proprie dal Nazismo e applicate all’evoluzione storica dei popoli, consentirono di vedere nella razza ariana l’obiettivo di un percorso evolutivo naturale che poteva essere favorito con la soppressione di razze e individui ritenuti inferiori e devianti. In reazione a quest’aberrante prospettiva si è sviluppato, a partire dal 1940, un pensiero neo-darwinista che – ha proseguito Petagine – considera l’evoluzione come un processo assolutamente casuale e privo di finalità, in cui l’essere umano non può quindi essere ritenuto “più evoluto” di un batterio, e in cui il destino di un individuo è il semplice prodotto dei suoi geni combinato con le dinamiche della popolazione umana mondiale. Ma se «le leggi di un’evoluzione affidata al caso vacillano – ha detto Tortora – nello spiegare lo sviluppo in natura di un organo altamente sofisticato come l’occhio», tanto meno possono essere «comprese in termini biologici – ha concluso Petagine – le motivazioni interiori che animano uomini e donne capaci di amare il prossimo fino al sacrificio della vita».
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21 feb 2015
Ciclo di incontri:
Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull'Inizio
Luciano Eusebi
GENDER, NO A CONTRAPPOSIZIONI IDEOLOGICHE E CONFESSIONALI
Luciano Eusebi a Novara per le “Questioni di Principio”
«Con la teoria del “Gender” non lo scontro ideologico, ma un dialogo rispettoso e sereno». È l’invito che Luciano Eusebi, docente di Diritto penale all’Università Cattolica ed esperto di questioni di bioetica, ha rivolto al pubblico presente a Novara nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi, sabato 21 febbraio, all’incontro “X, Y… Z? Cromosomi del Gender tra natura e cultura” introdotto e condotto da don Pierdavide Guenzi nel ciclo di conferenze “Questioni di Principio. Domande e riflessioni sull’inizio” proposte dall’Associazione Culturale Diocesana La Nuova Regaldi e Comitato per Passio in collaborazione con il Comune di Novara e la Fondazione Teatro Coccia. «I toni allarmistici e polemici di alcune militanze cattoliche un po’ troppo identitarie rischiano l’effetto boomerang – ha aggiunto Eusebi –, rinforzando l’opinione che gli interrogativi etici sulla sessualità umana siano soltanto frutto di “impuntature” religiose, e perciò privi di interesse per la società laica». Ma le conseguenze educative e le implicazioni giuridiche della nuova visione della sessualità, che si sta diffondendo nelle scuole come standard educativo – ha spiegato Eusebi –, «pongono interrogativi che riguardano tutti, resi sempre più pressanti dalle possibilità offerte dalle nuove tecniche mediche, grazie alle quali la generazione può divenire un semplice incontro tra i gameti, che prescinde dalle relazioni personali tra i loro donatori». Occorre perciò domandarsi se le modalità di dare e accogliere la vita che la natura ha inscritto nel corpo maschile e femminile e nel loro incontro siano puramente casuali o racchiudano un significato essenziale per l’interpretazione dell’umano. E chiedersi, di conseguenza, se l’orientamento sessuale sia frutto di una pura scelta soggettiva – come vorrebbero le frange estreme della teoria del Gender – o di un graduale processo di autoconoscenza che procede dall’accoglienza e valorizzazione del dato biologico corporeo. «Si tratta di interrogativi di natura etica, sui quali si fonda la laicità dell’ordinamento democratico – ha affermato Eusebi – e che dovrebbero creare coesione e collaborazione nella ricerca di ciò che rende degno essere uomini, piuttosto che contrappore le parti sociali nel rivendicare il proprio credo». Così il vero problema del disegno di legge Scalfarotto in esame al Senato non è se il parroco a messa potrà parlare di famiglia senza temere l’intervento del giudice o se gli insegnanti potranno obiettare alla richiesta di insegnare modelli di sessualità contrari alle loro convinzioni, ma il fatto che – in nome di una giusta lotta contro l’omofobia – «l’orientamento sessuale potrebbe diventare anch’esso, come razza, religione e sesso, un elemento rispetto al quale siano inammissibili differenze di diritti tra persone». Ma questo aprirebbe una strada per rivendicare l’ammissibilità del matrimonio tra omosessuali, in nome della lotta alle discriminazioni e aggirando una valutazione attenta e condivisa sulla sua opportunità per il bene collettivo.
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