|
|
|
IL PROGETTO PASSIO A NOVARA
|
|
|
|
|
Incontro pubblico
«NON ABBIATE PAURA! APRITE, ANZI, SPALANCATE LE PORTE A CRISTO!». IL LUNGO PELLEGRINAGGIO DI PAPA WOJTYLA |
venerdì 24 marzo 2006
Ore 21,00
|
|
|
|
|
Presentazione evento:
Era la sera di sabato 2 aprile dello scorso anno 2005 quando alle ore 21,37 il Santo Padre Giovanni Paolo II ritornava alla Casa del Padre al cospetto del monto intero che con lui viveva questo profondo momento di agonia. A un anno di distanza la Diocesi di Novara vuole fare memoria della testimonianza che papa Wojtyla ha lasciato lungo il suoi oltre 26 anni di pontificato. La sera di venerdì 24 marzo in Cattedrale a Novara si aprirà la sezione nazionale del progetto "Passio 2006" tesa a mettere al centro la riflessione sulla dimensione della "fragilità umana" in preparazione del Convegno ecclesiale di Verona (16-20 ottobre 2006). Ad aiutarci a fare memoria della figura di Giovanni Paolo II saranno il Vescovo della Diocesi di Novara, Mons. Renato Corti e Madre Anna Maria Canopi, Abbadessa del Monastero Mater Ecclesiae presso l'isola di San Giulio sul lago d'Orta (in provincia di Novara). Mons. Renato Corti ha avuto la grazia di predicare gli esercizi spirituali alla Curia romana all'inizio della quaresima dello scorso anno offrendo al Papa alcune tra le ultime meditazioni prima della sua dipartita al cielo al seguito di una lunga agonia; Madre Anna Maria Canopi ha contribuito in tema di dolore e di sofferenza nel redigere il testo della Via Crucis dell'anno 1993 al Colosseo di Roma presieduta da Giovanni Paolo II. Accanto ai due interventi centrali il dott. Vittorio Sozzi, responsabile del Servizio nazionale per il Progetto culturale promosso dalla Chiesa italiana introdurrà il tema della "fragilità salvata" che aprirà la sezione nazionale del progetto "Passio 2006" (da venerdì 24 marzo a venerdì 7 aprile).
STRUTTURA DELLA SERATA
-
Ore 21,00 Introduzione di don Silvio Barbaglia
-
Ore 21,10 Dott. Vittorio Sozzi: Presentazione della sezione nazionale del progetto "Passio 2006" in vista di Verona 2006 sul tema della "fragilità salvata"
-
Ore 21,20 Visione del filmato: "Giovanni Paolo II e la testimonianza del Vangelo". Immagini dal repertorio RAI
-
Ore 21,35 Madre Anna Maria Canopi: La "Via Crucis" nella vita di Giovanni Paolo II
-
Ore 22,10 Mons. Renato Corti: L'agonia, la morte e la gloria di Dio in Giovanni Paolo II
-
Ore 22,40 Lettura del Cantico delle Creature di San Francesco - Ave Maria comunitaria
-
Ore 22,45 Benedizione finale e l'assemblea si scioglie in silenzio
|
|
|
Post evento |
|
Documentazione sull'evento:
Nel Duomo di Novara gremito di persone (erano circa un migliaio) si è aperta venerdì 24 marzo, alle 21:00, la sezione nazionale del Progetto “Passio 2006”, tesa a dare rilievo alla riflessione sulla fragilità umana, in preparazione al Convegno ecclesiale di Verona (16-20 ottobre 2006). La serata è stata dedicata, in modo particolare, al ricordo di Giovanni Paolo II a circa un anno dalla morte (2 aprile 2005) e alla riflessione intorno alla testimonianza che egli ci ha donato non solo durante i 26 anni di Pontificato, ma con tutta la sua vita di credente, innamorato del messaggio evangelico e pronto a comunicarlo al mondo con il carisma e il linguaggio a lui propri. L’incontro è stato introdotto da don Silvio Barbaglia, referente del Progetto Culturale per la Diocesi di Novara, che ha spiegato ai presenti l’importanza di riunirsi in un luogo liturgico, la Cattedrale, per fare memoria del mistero della morte e risurrezione di Cristo, coscienti che tale memoria dà speranza all’uomo contemporaneo, creatura debole e spesso vittima delle ingiustizie del suo stesso tempo. Prima di lasciare la parola ai tre relatori della serata, Don Barbaglia ha dato lettura del telegramma inviato dalla Segreteria di Stato Vaticana, a firma del Cardinale Angelo Sodano, che comunicava la benedizione di Papa Benedetto XVI sull’iniziativa e su tutti i partecipanti. Il Dott. Vittorio Sozzi, responsabile del Servizio nazionale per il Progetto Culturale promosso dalla CEI, ha presentato la sezione nazionale del Progetto “Passio 2006” (da venerdì 24 marzo a venerdì 7 aprile) sul tema della “fragilità salvata”, spiegando quanto la speranza possa essere presente anche nelle situazioni più difficili dell’esistenza, in cui l’umanità si riconosce piccola, debole e insicura. L’uomo d’oggi insegue continuamente tante piccole speranze e attese: per questo il cristiano deve aiutarlo a ricercare l’unica e vera Speranza, Cristo Risorto, e testimoniare a tutti, con amore, il messaggio del Vangelo. Ecco perché – chiarisce Sozzi – si apre a Novara la tappa dedicata alla fragilità umana in vista del Convegno di Verona. L’uomo, infatti, sperimenta da sempre la condizione della sofferenza nel quotidiano; la nostra fragilità personale e sociale, però, non può diventare un limite invalicabile: i credenti hanno il dovere di condividere la fragilità e il limite umani, ma anche di aiutare gli altri a cercare il bisogno di Verità e di pienezza che si torva solo in Gesù Cristo Salvatore, Speranza del mondo. È stato poi mandato in onda un toccante filmato, dal titolo “Giovanni Paolo II e la testimonianza del Vangelo”, le cui immagini, tratte dal repertorio RAI, ripercorrevano il Pontificato di Papa Wojtyla con uno sguardo particolare al momento della sua venuta in Diocesi nel 1984, alla sofferenza, che è stata sua compagna di vita e che egli non ha mai tentato di nascondere, e ai suoi funerali, a cui hanno assistito milioni di fedeli e di potenti venuti da ogni parte del mondo. In un secondo momento don Barbaglia ha lasciato la parola a due grandi testimoni del Vangelo, molto conosciuti e stimati nella nostra Chiesa locale e non solo: Madre Anna Maria Canopi, Abbadessa del Monastero Mater Ecclesiae presso l’isola di San Giulio sul Lago d’Orta, e Mons. Renato Corti, Vescovo della Diocesi di Novara. Madre Canopi ha contribuito, in tema di dolore e di sofferenza, nel redigere il testo della “Via Crucis” del 1993, presieduta da Giovanni Paolo II al Colosseo; Mons. Corti ha avuto, invece, la grazia di predicare gli Esercizi Spirituali alla Curia romana all’inizio della Quaresima dello scorso anno, offrendo al Santo Padre alcune tra le ultime meditazioni prima della sua morte. L’Abbadessa dell’isola ha parlato di Papa Wojtyla come di un uomo forte, l’atleta di Dio, che possedeva una voce chiara e possente, un entusiasta ed un entusiasmante testimone di Gesù Risorto. Ma – come ha ricordato Madre Canopi – Dio ha voluto che il Pontificato di Giovanni Paolo II fosse segnato dal dolore e dalla sofferenza: la sua personale Via Crucis ebbe inizio con l’attentato del 13 maggio 1981. Egli, però, non era solo: a proteggerlo c’era la Madonna, che gli ha fatto da mamma fin dall’infanzia quando, intorno ai nove anni, perse la madre. Colpito, ma non ucciso, si è identificato come Gesù sia nell’uomo ferito sia nel buon samaritano e, percorrendo le strade del mondo e incontrando i popoli di tutta la terra, ha portato loro il messaggio di speranza racchiuso nel Vangelo. Negli anni la Via Crucis del Papa è diventata sempre più faticosa, di ricovero in ricovero, di viaggio in viaggio, ma con lui c’era la Madre Celeste che lo assisteva e lo consolava, e continuava a generare nel dolore per la gioia eterna e senza fine. Egli, impotente, ha sorretto la Chiesa sparsa per i cinque Continenti, dove ha incontrato i poveri e i deboli, specialmente i bambini: le sue lacrime si sono mescolate a quelle dei piccoli, per far trasparire il sorriso dell’anima. Madre Canopi ha ricordato come, con la sorpresa di tutti, Giovanni Paolo II, stanco, malato e sofferente, ha potuto varcare la soglia del Terzo Millennio e, con mano tremante, ma nello stesso tempo sicura, ha tenuto il vessillo della croce di Cristo. Durante la “Via Crucis” del Giubileo sembrava, insieme, il Cristo e il Cireneo per trasmettere agli uomini del nuovo Millennio il simbolo della croce, che è speranza di redenzione. Ultimo tra gli ultimi, debole tra i deboli, il vecchio Papa ha esortato i giovani a portare la croce per le vie del mondo senza vergogna, ma con amore e fierezza ed i giovani lo hanno ascoltato e lo hanno seguito, senza mai stancarsi di essere testimoni di Cristo. Anche la sua morte, il 2 aprile 2005, è stata un compimento della sua vocazione: egli – prova ad immaginare Madre Canopi – avrà ritrovato quel giorno il volto dei suoi familiari e di tutti i sofferenti a cui è sempre stato vicino e, accompagnato dalla Regina del Paradiso, avrà potuto contemplare il mistero della SS. Trinità (per la relazione completa dell’Abbadessa del Monastero di Orta si rimanda alla pagina web dedicata alla serata del 24 marzo). Mons. Renato Corti ha auspicato che le diverse realtà in cui si tocca con mano la fragilità umana (ospedali, carceri, case di riposo) vedano i cristiani in prima linea, presenti, disponibili, generosi e costruttori di speranza, anche dove quest’ultima sembra sconfitta dalla morte, dalla distruzione, dalla violenza e dalle ingiustizie. Per questo motivo ai credenti può essere d’aiuto il fulgido esempio di Karol Wojtyla, che ha sempre spronato l’umanità a non avere paura, ma ad aprire le porte a Cristo, che conosce il cuore dell’uomo e le sue paure, ed ha sconfitto le tenebre con la forza dell’Amore. Il Vescovo si è soffermato in particolare su due momenti della vita di Giovanni Paolo II, caratterizzati dalla sofferenza: da una parte la giovinezza, dall’altra la vecchiaia. Fin dagli anni giovanili, infatti, il futuro Papa si è dovuto confrontare con la morte: a ventuno anni rimane solo, dopo aver perso il fratello, la mamma e, per ultimo, il papà. Quando gli muore il padre, uomo profondamente religioso, Karol confessa di essersi sentito come sradicato dal suolo. Ma questa grande perdita, che gli provoca un immenso dolore, lo porta a riflettere sul suo futuro: si accende in lui una nuova luce, quella della vocazione ed egli capisce che Dio lo vuole sacerdote. Anche negli anni di seminario clandestino, durante la II Guerra Mondiale e l’occupazione nazista della Polonia, il giovane seminarista-operaio sperimenta l’ingiustizia dei totalitarismi e la fragilità dell’uomo e assiste alla deportazione di molti sacerdoti nei lager nazisti e comunisti o alla loro uccisione. Ecco perché Wojtyla, che ha vissuto la guerra sulla propria pelle, ha poi fatto da Pontefice accorati appelli contro ogni tipo di conflitti e di violenza. Egli, che è sopravvissuto alla guerra, più volte ha dichiarato che il suo sacerdozio è inscritto nel sacrificio di tanti uomini e donne della sua generazione: con il loro sacrificio, sul grande altare della storia, essi lo hanno introdotto sulla strada del Papato, additandogli il sacrificio più grande di tutti, quello di Cristo. Giovanni Paolo II, dunque, ha accettato il progetto che Dio-Padre aveva per lui e l’ha concepito come donazione totale di sé, ad imitazione di Cristo sulla croce. Mons. Corti ha poi ricordato che anche durante gli anni della vecchiaia, segnati dalla malattia e dalla sofferenza, il Papa non ha mai perso la speranza e, anzi, in una bellissima lettera agli anziani scritta nel 1999, li incitava con dolcezza, nonostante le limitazioni dell’età, a conservare il frutto della vita e a spendersi fino alla fine senza farsi sopraffare dalla pigrizia o dal malumore. Giovanni Paolo II è stato il primo a seguire questo suggerimento e, fino all’ultimo, ha testimoniato con il suo esempio che la sofferenza e la fragilità non sono fini a se stesse, ma che, se accompagnate dalla fede, possono aprire alla speranza della vita eterna, vissuta nelle braccia sicure di un Padre misericordioso e nella contemplazione del Suo volto. Alessia Zanari
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|