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cultura e arte attorno al mistero pasquale 1° Marzo - 3 Maggio 2006
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PERCORSO RIFLETTERE

Il percorso Riflettere convoca cittadini ed esperti a confrontarsi intorno a tematiche di cruciale importanza nell'attuale contesto sociale e culturale, affinché possano nascere nuove consapevolezze intorno all'intrinseca dimensione di fragilità dell'uomo, riletta alla luce del mistero di Cristo morto e risorto, e possano sorgere rinnovate motivazioni a un impegno personale e sociale a favore dell'uomo.



Incontro pubblico

ACCANTO A CHI SOFFRE. IL LAVORO DI CURA IN UN HOSPICE

martedì 14 marzo 2006

Ore 21,00
Presentazione evento:

La prossima inaugurazione nel territorio novarese del primo "Hospice" ha sollecitato questo incontro aperto agli operatori sanitari e ai cittadini interessati ad avere una migliore conoscenza del valore e della finalità di una struttura sanitaria dedicata alla cura "palliativa" delle persone.

La vicinanza al paziente grave necessita di un'appropriata terapia per contrastare il dolore fisico e di un approccio attento agli aspetti psicologici e spirituali che accompagnano l'evoluzione della malattia. L'ascolto diretto di un'esperienza, quella dell'équipe dell'Hospice Santa Maria delle Grazie di Monza ("Fondazione don Gnocchi"), ci offrirà al vivo la qualità di questo servizio di cura particolarmente delicato, ma fondamentale per il nostro tempo.

Programma

Saluti iniziali

Interventi
Dott. Carlo Cacioppo, Direttore sanitario dell'Hospice Santa Maria delle Grazie di Monza ("Fondazione don Gnocchi")
Don Gigi Peruggia, Assistente spirituale di cure palliative
Dott. Aurelio Prino, Direttore Struttura complessa di cure palliative dell'Ospedale Maggiore, illustra il nuovo Hospice di Galliate

Per informazioni:
dott. Tino Zampogna - 339-833555; don PierDavide Guenzi - 338-5344480; dott. Manuela Andenna 335-6599500
Il parcheggio interno della Curia Diocesana (via Puccini, 11) è a disposizione dei partecipanti.


Post evento
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Documentazione sull'evento:

Circa il 15-20% dei pazienti in fase avanzata di malattia, particolarmente quella di tipo oncologico, non possono essere seguiti a domicilio, sia per la mancanza di figure familiari di sostegno, sia per il particolare impegno richiesto nei loro confronti. Un impegno che trova la famiglia impreparata a vivere con il proprio caro l’assistenza adeguata per la sua condizione. Alla base della creazione di luoghi di ospitalità per malati terminali, denominati Hospice, secondo la tradizione anglosassone che ha dato inizio negli anni ’60 a questa particolare forma di cura, vi è dunque un preciso bisogno sociale per offrire alla persona malata un luogo e un equipe curativa in grado di assicurare continuità curativa e dignità umana agli ultimi giorni di vita. Di Hospice si è parlato nella serata del 14 marzo, organizzata dall’Associazione Medici Cattolici Italiani e dall’Associazione di volontari “Idea insieme”. La finalità degli organizzatori era di offrire ad un pubblico ampio di operatori sanitari, volontari e cittadini, una presentazione dei valori e del tipo di intervento curativo in un Hospice. In modo incisivo, il dott. Carlo Cacioppo, direttore sanitario dell’Hospice Santa Maria delle Grazie di Monza, struttura sorta nel 2000, ha ricordato i due elementi fondamentali alla base dell’assistenza in Hospice: la centralità della persona ammalata e della sua famiglia, il lavoro di equipe per assicurare un approccio globale al sofferente. Due aspetti che non nascondono solo la retorica delle parole, «ma che hanno precise conseguenze per gli operatori dell’Hospice; che comportano, tra l’altro, una personalizzazione delle cure e dei servizi offerti» e un preciso impegno per l’equipe curante «di unire sensibilità differenti da coordinare in favore del paziente». Certamente l’obiettivo della struttura Hospice «non è la guarigione, ma dare dignità agli ultimi giorni e alle ultime ore di vita. Senza retorica ciò significa che l’Hospice non è un ghetto, il luogo dove si va a morire, ma in cui si cerca di dare valore alle ultime fasi della vita di una persona». Oltre 1200 i pazienti seguiti nella struttura monzese, che offre 18 piccole unità abitative per i pazienti e un loro familiare, in questi primi anni di attività, con un tempo di permanenza di ciascuno di circa 3 settimane in cui sono offerti una adeguata terapia del dolore e di sostegno alla sofferenza psicologica e spirituale che la condizione di malattia avanza sempre porta con sé. Del servizio di assistenza spirituale in Hospice ha parlato don Gigi Peruggia, precisando la necessità di questo tipo di vicinanza al malato, ma anche ai famigliari e agli stessi operatori sanitari: «ognuno ha una sua spiritualità, anzi ognuno di noi è la sua spiritualità». Il tipo di lavoro di assistenza spirituale, anch’esso personalizzato, «si impegna ad aiutare la ricerca di senso che accompagna la persona che muore, aprendo, per chi ne è sensibile, alla speranza cristiana».
L’intervento del dott. Aurelio Prino, direttore della struttura di cure palliative al Maggiore di Novara, ha introdotto al modello di assistenza dei pazienti gravi proposto sul territorio novarese, secondo un criterio di flessibilità e di integrazione tra la struttura ospedaliera, l’assistenza domiciliare e il futuro Hospice di Galliate. La struttura, in avanzata fase di ultimazione, è stata presentata in anteprima dal dott. Perrone, direttore sanitario dell’ASL 13, ipotizzandone l’apertura operativa nel prossimo autunno. Dotata di 8 posti letto più due nella forma di “day-Hospice” sorgerà in un piano interamente ristrutturato dell’Ospedale di Galliate e servirà tutta l’area Sud della provincia di Novara per un bacino di utenza di circa 160.000 persone.
Mons. Renato Corti, che ha voluto presenziare alla serata, al termine ha ricordato che il valore dell’ospitalità, alla base degli Hospices, «esprime una prospettiva umanamente ricchissima». La futura struttura di Galliate «potrà costituire una grande occasione e un dono prezioso per le persone ammalate. Nell’Hospice contano le persone, non tanto gli strumenti, che sono peraltro molto ridotti. Questo può anche aiutare a riflettere sugli altri luoghi della sanità in cui gli strumenti tecnici sono indispensabili, per andare oltre gli strumenti, puntando l’attenzione sulle persone».
Don PierDavide Guenzi



 
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