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cultura e arte attorno al mistero pasquale 1° Marzo - 3 Maggio 2006
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PERCORSO RIFLETTERE

Il percorso Riflettere convoca cittadini ed esperti a confrontarsi intorno a tematiche di cruciale importanza nell'attuale contesto sociale e culturale, affinché possano nascere nuove consapevolezze intorno all'intrinseca dimensione di fragilità dell'uomo, riletta alla luce del mistero di Cristo morto e risorto, e possano sorgere rinnovate motivazioni a un impegno personale e sociale a favore dell'uomo.



Convegno

IV CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE: TESTIMONI DI GESÙ RISORTO, SPERANZA DEL MONDO

martedì 17 ottobre 2006

9,00-19,00

Verona

Via dell'Industria
Fiera di Verona

Don Franco Giulio Brambilla; dott.ssa Paola Bignardi; prof. Lorenzo Ornaghi; dott. Savino Pezzotta; S.E. prof. Giuseppe Laras; prof. Adriano Fabris; prof.ssa Raffaella Iafrate; dott. Augusto Sabatini; prof. Luca Diotallevi; prof. Costantino Esposito



Pagine da visitare:

Vai al sito ufficiale del Convegno di Verona: www.convegnoverona.it
Forum di discussione sulla situazione della Chiesa in Italia realizzato in preparazione del Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona: www.dialogosonline.it
Siti istituzionali: www.chiesacattolica.it / www.vatican.va / www.progettoculturale.it

Presentazione evento:

Vai a:
LUNEDI' 16 OTTOBRE: Primo giorno

MERCOLEDI' 18 OTTOBRE: Terzo giorno
GIOVEDI' 19 OTTOBRE: Quarto giorno - Mattina

GIOVEDI' 19 OTTOBRE: Quarto giorno - Pomeriggio
VENERDI' 20 OTTOBRE: Quinto giorno

SECONDO GIORNO DEL CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE: TESTIMONI DI GESU' RISORTO, SPERANZA DEL MONDO

17 ottobre, martedì

Mattino (in Fiera, aula dell’assemblea) LAVORI ASSEMBLEARI

PREGHIERA con riflessione spirituale di dom Franco MOSCONI (monaco camaldolese dell’Eremo San Giorgio di Bardolino; diocesi di Verona - testo)

RELAZIONE INTRODUTTIVA
Fondamenti teologico-pastorali: prof. don Franco Giulio BRAMBILLA (docente di Cristologia e Antropologia teologica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale; arcidiocesi di Milano - testo)

APPROFONDIMENTI 

1) Dimensione spirituale: dott.ssa Paola BIGNARDI (direttrice della rivista “Scuola Italiana Moderna”, coordinatrice nazionale di ReteInOpera; già presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana; diocesi di Cremona - testo)

2) Dimensione culturale: prof. Lorenzo ORNAGHI (professore ordinario di Scienza politica e rettore magnifico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; presidente dell’Agenzia per le ONLUS; arcidiocesi di Milano - testo

3) Dimensione sociale: dott. Savino PEZZOTTA (presidente della Fondazione “Ezio Tarantelli”; già segretario generale della CISL; diocesi di Bergamo - testo)


Pomeriggio (in Fiera, aule degli ambiti e delle commissioni)

INTRODUZIONE AL LAVORO NEGLI AMBITI:
1. Vita affettiva: prof.ssa Raffaella IAFRATE (professore associato di Psicologia dei gruppi e di comunità, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano; membro del consiglio scientifico dell’Istituto “Vittorio Bachelet”; diocesi di Lodi - testo)
2. Lavoro e festa: prof. Adriano FABRIS (professore ordinario di Filosofia morale e direttore del Master in comunicazione pubblica e politica, Università di Pisa; docente invitato alla Facoltà Teologica di Lugano; arcidiocesi di Lucca - testo)
3. Fragilità: dott. Augusto SABATINI (giudice del tribunale dei minori di Reggio Calabria; arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova - testo)
4. Tradizione: prof. Costantino ESPOSITO (professore ordinario di Storia della filosofia, Università di Bari; arcidiocesi di Bari - Bitonto - testo)
5. Cittadinanza: prof. Luca DIOTALLEVI (professore associato di Sociologia, Università di Roma Tre; diocesi di Terni - Narni - Amelia - testo)

LAVORI NEI GRUPPI DI STUDIO

Serata (in vari luoghi della città)

EVENTI SPIRITUALI E CULTURALI


Post evento
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Documentazione sull'evento:

Prof. don Franco Giulio BRAMBILLA
LAICI, UN ALFABETO DELLA VITA PER TESTIMONIARE LA SPERANZA
Al cristianesimo si nasce, nel cristianesimo si abita e da cristiani si vive nel mondo. Rispettando questa scansione, don Franco Giulio Brambilla ha incentrato la sua relazione teologica e pastorale al convegno ecclesiale di Verona su tre orizzonti tematici: la generazione, la casa e il dibattito pubblico. Il docente presso la Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale ha inquadrato così gli scopi e i temi del convegno, situandoli nell'orizzonte della coscienza missionaria che la Chiesa italiana ha messo al centro del decennio in corso, cammino del quale il convegno ecclesiale è tappa di snodo. Tale missionarietà ha detto il sacerdote lombardo - non è prima di tutto un'azione, ma il gesto con cui la Chiesa si lascia di nuovo generare dal Signore Risorto. Così facendo si diventa capaci di interpretare e di realizzare le attese e le speranza degli uomini di oggi, di mettere in contatto la ricerca di vita, di relazioni buone, di giustizia, di libertà e di pace con la fonte stessa della speranza viva, Gesù risorto. Per far questo occorre un paziente lavoro di discernimento, arduo in una società fluida e ripiegata sull'immediato, nella quale la speranza rischia di essere sconfinata nello spazio intimo di una speranza individuale o nell'ambito di un progressismo sociale. Due gli atteggiamenti necessari. Il primo punta alla custodia gelosa della differenza specifica della fede, sia nei confronti di ogni lettura dell'identità di Gesù come un semplice guru religioso, sia riguardo a ogni comprensione della Chiesa solo come luogo di risposta al bisogno religioso o al servizio delle povertà. Il secondo atteggiamento si compie nella necessità di generare l'uomo nuovo. Compito difficile nell'epoca della scienza e della tecnica, che hanno imposto una vera e propria questione antropologica. Per i cristiani non è solo un problema astratto, ma qualcosa che tocca la vita concreta delle persone.Sulla base della Pietra angolare, poi, si costruisce la casa-chiesa, come dice la Lettera di Pietro, scritto che fa da leit-motiv a tutti i lavori. E la spinta è a una parrocchia missionaria. Per questo la Chiesa italiana, spiega il teologo e pastoralista, ha privilegiato le dimensioni della trasmissione (primo annuncio, iniziazione) e della cultura (progetto culturale e comunicazione massmediale). Lo ha fatto per favorire le soglie di accesso alla fede e aprire le finestre sul mondo della vita. Dunque, il convegno, ha proseguito il docente, non vuole interrogarsi sul posto che spetta ai laici, ovvero sulle relazioni intraecclesiali. Non serve una puntigliosa ricerca e affermazione della propria identità, quanto piuttosto uno sforzo corale. Non è forse questo il tempo favorevole si chiesto in cui tutte le anime del cattolicesimo italiano possano parlarsi e confrontarsi, in cui anche le associazioni e i movimenti che le rappresentano possano percepire e vivere la loro esperienza singolare come identità aperta attraverso la diversità delle componenti del popolo di Dio e delle ricche tradizioni spirituali delle diocesi italiane. Tre le vocazioni del laico: formativa, comunionale e secolare. La prima richiede forte armatura spirituale. La seconda è essenziale in un orizzonte nel quale la Chiesa o sarà la comunità dei molti carismi, servizi e missioni o no esisterà semplicemente. Questo senza voler cercare surrogati per la mancanza di sacerdoti, piuttosto nell'ottica della corresponsabilità, cioè evitando le pastoie della burocrazia ecclesiastica, animando la pastorale d'insieme e promuovendo progetti profetici nel sociale. Già, nel mondo, nel confronto pubblico con i non credenti e le altre religioni, infatti, i laici, che sono al centro del convegno ecclesiale, vivono appieno il loro ministero. Qui devono rendere conto della speranza che è in loro (è sempre la lettera di Pietro), vivendo il cristianesimo come esercizio, cioè assumendo le forme della vita umana come un alfabeto, in cui dirsi e realizzarsi.

Dott.ssa Paola BIGNARDI
DARE VALORE ALLA VOCAZIONE DEI LAICI
Un senso comune della vocazione laicale, per evitare la dispersione e, di conseguenza, la debolezza nel testimoniare la fede nella realtà di tutti i giorni. Per Paola Bignardi, nella relazione tenuta oggi, seconda giornata del convegno ecclesiale di Verona, un ostacolo è rappresentato proprio dalla frammentazione del laicato in una molteplicità di esperienze aggregative. Ciò rende difficile che tale vocazione emerga e rende debole la voce dei laici nel mondo e nella comunità, facendo più povera la Chiesa stessa dell'esperienza di chi la immerga nella polvere della storia, le apra con fiducia le porte del dialogo con il mondo, la vita, la realtà circostante e il territorio. La ex presidente dell'Azione cattolica, ha inserito il profilo e le esigenze di questa particolare espressione dell'essere cristiani in una vera e propria meditazione sulla dimensione spirituale della testimonianza, dal titolo L'amore genera la speranza. Tante sono le difficoltà che indica in apertura. Linguaggi della vita cristiana consunti da un uso generico o troppo retorico. Cambiamenti vorticosi nel mondo, che mutano l'idea di vita e di uomo. Le sfide del dialogo con le altre religioni e con un mondo laico che tende a relegare la fede nello spazio delle questioni private. Tentazione di identificare il cristianesimo con una cultura ovvero incapacità di parlare a chi magari si mostra indifferente, ma in realtà non lo è. Dentro le comunità cristiane - l'analisi della coordinatrice di Retinopera - si avvertono stanchezza, e difficoltà a mostrarsi case accoglienti di tutti. Per modelli pastorali non sempre in grado di interpretare la vita e accompagnarla in percorsi di unità, per l'attivismo, per un senso di estraniazione. Tutto ciò, più che a cedere allo sconforto, chiama a un'intelligenza spirituale creativa. Dall'analisi della situazione, la Bignardi è passata, così, a delineare i tratti di una vita che profuma di Vangelo. Occorre, ha detto, radicarsi nell'essenziale, cioè in Cristo. Allora si potrà agire con convinzione e mitezza, con ascolto e rispetto, da persone capaci di dialogo con tutti e che esprimono la loro fede nell'amore. Tre i testimoni di carità in contesti difficili - in molti dei quali ancora oggi si paga anche con la vita - sono stati ricordati dalla Bignardi: Giorgio La Pira, Madre Teresa, suor Leonella, uccisa in Somalia. La rappresentante del laicato cattolico organizzato si è, infine, interrogata sul nuovo profilo di comunità cristiana richiesto oggi. E' una Chiesa di speranza, ha detto, che sa essere luce sul monte, offrendo un giudizio credente su questo tempo e scoprendone le ambiguità e i limiti, insieme alle risorse e ai semi di bene. Nessun arroccamento sulla difensiva, ma una ricerca libera e senza pregiudizi dei segni dei tempi. E i laici? Vivendo nel mondo, essi sperimentano la contemplazione come l'ordinaria capacità di stare di fronte al mistero nelle molteplici forme in cui si manifesta. Questa spiritualità va, però, non solo riconosciuta, ma valorizzata. Va data ad essa rilevanza ecclesiale. Alla comunità chiediamo, ha scandito la Bignardi, che dia valore alla nostra vocazione non solo quando ci impegniamo come catechisti, animatori, operatori della pastorale, ma che riconosca innanzitutto il valore della nostra fede spesa nelle situazioni di ogni giorno. Ci vogliono spazi in cui raccontare la missione di tutti i giorni. I laici sentono il bisogno di prendere la parola nella comunità e vorrebbero poterlo fare non in luoghi appartati, riservati ai laici, ma in luoghi ecclesiali, di tutti, contribuendo con la loro esperienza di Dio nel mondo a delineare il volto di comunità aperte alla vita. Vogliono, insomma, potersi esprimere nei luoghi della corresponsabilità ecclesiale in forme vive, non rituali e non formali. Un percorso necessario per arrivare a una consapevolezza comune è, infine, mettere in campo cammini formativi non strumentali o finalizzati a cose da fare. Ancora una volta più amore, meno attivismo.

Prof. Lorenzo ORNAGHI
LA TESTIMONIANZA CULTURALE PER IL CREDENTE NON E' IPOTESI, MA OBBLIGO
Portare una testimonianza culturale per il credente non è ipotesi, ma obbligo. Sarebbe, però, sbagliato “aspettare di disporre di una ‘comprensione’ definitiva dei contesti di vita contemporanei per attuare quelle ‘scelte’ che consideriamo ogni giorno più auspicabili“. Dunque, ha sottolineato il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Lorenzo Ornaghi - nella relazione odierna al convegno ecclesiale di Verona – vanno coniugati pensiero e azione, discernimento e coraggio, rischio e ntraprendenza. Il politologo si è interrogato dapprima sui modi per testimoniare speranza, ovvero alimentare e vivificare “i molteplici ambiti della condotta e dell’azione umana”. Oggi, infatti, si sperimentano “crescenti forme di apatia politica o accidia personale, disorientamenti, frustrazioni e il pervasivo stato d’animo secondo cui nulla o pochissimo è possibile fare per il miglioramento dell’Italia”. Atteggiamenti che “non trovano antidoto e nemmeno palliativo nel miraggio di nuove e imminenti stagioni, preparate e aperte da un’idea di cultura riduttivamente intesa come l’indispensabile premessa e strumento di un’azione che peraltro viene continuamente rinviata”. La cultura è concepita come “programma stilato in modo più o meno perentorio da minoranze elitarie”, senza intercettare la vita. E questo è uno dei motivi per cui “la condizione attuale dei cattolici viene descritta o stigmatizzata nei termini impropri e fuorvianti di una montante irrilevanza”. La proposta culturale allora – ha proseguito il rettore dell’ateneo fondato da Agostino Gemelli - deve puntare all’essenziale. La società di oggi è “precaria, vulnerabile, carente di un durevole ethos di appartenenza”, fino a dare la sensazione di “vivere perennemente in bilico” tra attese fiduciose e amplificate inquietudini. Essa è “ripiegata sul presente”. Per superare questa situazione, occorre “riuscire a cogliere l’essenziale della nostra stagione storica” e, dunque, c’è bisogno di una cultura che sia “intrinsecamente sperante”. Cioè innestata sulle pratiche di vita. I cattolici hanno attraversato nei decenni scorsi le vicissitudini sociali, economiche e politiche del Paese. E talvolta le hanno “patite con maggiore intensità e non di rado con sofferenza”. Ciò non ha impedito loro di dare un contributo “né marginale, né di second’ordine” al tentativo di uscire da “una transizione che in no pochi passaggi è apparsa troppo simile a una pericolosa stagnazione”. Dunque, ha detto lo studioso con un slogan: “Non siamo all’anno zero”. Anzi, il rettore della Cattolica ha percorso le tappe che dal convegno di Roma del 1976 hanno portato, attraverso Loreto e Palermo, all’appuntamento scaligero, individuando sin dall’inizio l’attenzione alla dimensione culturale. Guardando al percorso da Palermo a oggi, Ornaghi ha affermato che “i dieci anni del progetto culturale ci hanno aiutato a dimostrare – a noi stessi in primo luogo, e a tutto il cosiddetto mondo laico –che la ragione è base e orizzonte di una cultura viva. La ragione, non appiattita sulle convenienze del momento, né subalterna alle rappresentazioni sociali più diffuse, serve a capire in profondità, a cogliere, appunto, l’essenziale”. Tre sono i versanti in cui lo studioso ha guardato a questo compito: la scienza, la politica e l’educazione. Innanzitutto il progresso scientifico e tecnologico, che ha “raggiunto grandi positivi traguardi”, conducendo però anche a “una sopravvalutazione della ragione scientifica e tecnologica”. Ciò ha portato, però anche a una “drammatica scomposizione dell’umano”. Basti pensare – ha detto il politologo – a biologia e medicina che stanno ridefinendo “in modo non indolore l’identità e la concezione stessa della persona”. Parlare, con il cristianesimo, di “unitarietà del soggetto” non è “una vuota formula declamatoria”, per il fatto che “il cristianesimo ha rinnovato e, anzi, completamente rivoluzionato le finalità e le modalità con cui l‘uomo, attraverso la figura di Cristo, guarda se stesso”. Sulla questione politica Ornaghi ha citato l’ultima intervista rilasciata dallo scomparso storico Giorgio Rumi, per mettere in guardia i cattolici dallo ”straniamento”. Le sfide riguardano il benessere di tutti, la biopolitica, l’etica pubblica e richiedono una mediazione politica. Essa, però, “quanto più la politica sarà costretta a esprimersi e a decidere su valori e questioni etiche, tanto meno dovrà accontentarsi di costituire l’instabile punto di equilibrio o compromesso tra partiti o tra posizioni e rappresentazioni sociali antagoniste”. Infine la cultura e la formazione dovranno sempre più “configurarsi come servizio reso alla società” .L’università e la scuola, allora, non potranno non costruire “percorsi di rilettura critica dell’oggi, liberi dai pesanti condizionamenti del conformismo dominante “. Per creare modelli culturali alternativi.

Dott. Savino PEZZOTTA
OCCORRE UN MAGGIORE IMPEGNO SOCIO-POLITICO PER RIDARE SPERANZA
La “questione sociale” s’intreccia in modo indissolubile con la “questione antropologica”. Da questa consapevolezza è partito l’intervento di Savino Pezzotta al convegno ecclesiale di Verona. L’ex segretario generale della Cisl, ora presidente della Fondazione Tarantelli, ha cercato di delibare un percorso tra “percorsi positivi compiuti” in questi decenni dalla società italiana e un nuova e forte attenzione, richiesta dai cambiamenti e contraddizioni che questa crescita ha generato: la società post-industriale (dal lavoro ai lavori), la finanziarizzazione dell’economia, i forti divari territoriali, la presenza di nuove povertà, di nuove emarginazioni, dei senza lavoro e dei disoccupati giovani o in età matura, dei precari sul lavoro e nella vita, le difficoltà delle famiglie nel far quadrare il bilancio e economico e sociale (soprattutto quelle mono reddito e con figli), il crescente numero di anziani non autosufficienti, il permanere di fasce di giovani ed adolescenti in difficoltà o costretti alla solitudine e il fenomeno, anche culturale dell’immigrazione. Guardare alla situazione chiave antropologica, porta a percepire l’influenza del progresso scientifico e tecnico sullo statuto stesso delle persone, le tante sfide rischiose, ma anche la crescita di nuove sensibilità. Una nuova coscienza sociale e una domanda di senso che riesce a generare esperienze e nuovi stili di vita; si pensi all’associazionismo, alla cooperazione e, più in generale, alle nuove forme d’economia civile, al terzo settore, al consumo responsabile, alle tematiche ambientali e all’attenzione ai poveri che passa attraverso il volontariato. In questo scenario, riemerge, dopo tanto immanentismo, materialismo e paneconomicismo, la nostalgia della trascendenza e della dimensione spirituale dell’uomo. “La frontiera dell’impegno dei cattolici”, ha detto il sindacalista, è “costruire un nuovo discorso pubblico”. E per far questo è necessario discernere il senso profondo e il vissuto personale rispetto ai grandi processi di lobalizzazione. Siamo sempre più interconnessi in reti e ogni giorni facciamo esperienza di nuove culture lontane che si fanno vicine. Per questo occorre “un impegno socio-politico che si eserciti per strada, nella piazza e nei luoghi della vita e non solo in quelli deputati alla politica, che purtroppo, tendono sempre di più a divenire esclusivi”. Vanno, poi, prodotti “nuovi livelli di solidarietà e di partecipazione civile e politica, attraverso l’applicazione del principio di sussidiarietà e con il dinamismo della personalizzazione proprio dell’associarsi”. I campi a cui tutto ciò si applica vanno dal lavoro, recuperando “la dimensione relazionale dell’economia attraverso nuove forme di partecipazione e soprattutto valorizzando le esperienza dell’economia civile, del terzo settore, dell’impresa non profit, della cooperazione dell’economia etico-solidale, delle nuove attività di cura e mutualità”. Tutte espressioni di vivacità in cui i cattolici, non da oggi, sono in prima linea. C’è poi la famiglia, di cui va riconosciuto il ruolo sociale e comunitario. Ci sono le situazioni di povertà e di difficoltà legate al territorio, all’essere donna, giovane in cerca di prima occupazione, immigrato che porta con sé una cultura dentro la valigia di cartone, anziano. Allora, la prima cosa che un cristiano deve fare è “costruire e vivere una spiritualità della speranza”. Mettersi in rete, fare opere, vivere la fraternità, che non è mai “omogeneizzazione”, globalizzare la solidarietà , per riprendere una celebre espressione di Giovanni Paolo II. Pezzotta ha concluso, poi, con due precisazioni di metodo, riguardanti la politica: non è in essa che si realizza l’unità dei cristiani e “questa logica obbliga i cattolici a fare i conti con il bipolarismo e a scegliere, in libertà, di militare ed impegnarsi in uno o nell’altro schieramento, assumendo un ruolo efficace e visibile nell’elaborazione politico-programmatica.

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Conferenza stampa al Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona.
Sala stampa del Convegno.
Verona, 17 ottobre 2006, ore 13,45

Introduce mons. Claudio Giuliodori passa la parola a mons. Dionigi Tettamanzi
Mons. Dionigi Tettamanzi - Il Card. Tettamanzi ringrazia i giornalisti e invita a non dimenticare mai che questo è solo un momento del Convegno di Verona. Il suo primo momento molto lungo, impegnativo e fecondo è stato quello della "preparazione". Ora stiamo vivendo il momento della "celebrazione" altrettanto interessante di proposte e interventi. Vi sarà poi un terzo momento, quello della "ricaduta" per la Chiesa del paese.
In secondo luogo il card. Tettamanzi sottolinea che la prolusione è stata solo un'introduzione al Convegno, nel ricordare a tutti il cammino che la Chiesa italiana ha fatto in questo periodo. Tre cammini di grande improtanza: maturazione della coscienza evangelizzatrice, la maturazione di un processo di unificazione, e infine il problema dei problemi che è il vissuto di tutti i giorni, la forma della coerenza con Gesù Cristo, al Vangelo e alle sue beatitudini. Oggi questi aspetti sono sfidati in maniera particolare. Il Convegno ha lo scopo di dire che la comunità cristiana ha l'umiltà e il coraggio di affrontare questi aspetti con il dono dello Spirito.
Come mettere in atto la testimonianza: la radice della spiritualità che sostiene la testimonianza e altre declinazioni della testimonianza nel respiro della cultura e delle sfide sociali. In questo senso le tematiche sulle quali dar vita alla conversazione sono più che mai numerose.

Sono seguite alcune domande con le seguenti risposte:

Dott.ssa Paola Bignardi: ricchezza per la vita della Chiesa ogni realtà di aggregazione. I problemi nascono quando queste esprerienze vivono chiuse su se stesse, senza relazione le une con le altre in una autoreferenzialità radicale. La storia degli ultimi anni dice una sensibilità nuova, di percepire l'esigenza di cammini che avvicinino e pongano in dialogo nel rispetto pur nella diversità. Quindi sono nate delle esperienze fatte di dialogo, di incontro, del tentativo del cominciare a darsi alcuni obiettivi comuni. Questo riguarda soprattutto il mondo del laicato organizzato. In questo stadio della vita della Chiesa è molto importante che i laici non si appartino in esperienze per stare per conto loro, ma accogliere esperienze molteplici. E' necessaria una maggiore capiacità di iniziativa al proprio interno. La propria vocazione la si gioca anche interpretandola e non attendendo solo di essere inviati o mandati.

Prof. Franco Giulio Brambilla: raccoglie due domande. La prima sulle 4000 parrocchie. Questo dato ha già da molti anni favorito un ripensamento tra la parrocchia e le altre forme di vita ecclesiale. Certo un'altra cosa che va rivista è anche la ridistribuzione del clero. ma certo una forma di interazione già praticata nel primo millennio: il rapporto tra l'interno e l'esterno non si divide come una torta. Bisogna ripensare il rapporto della Chiesa con il territorio.
La seconda domanda: la crisi della vocazione e i numeri delle presenze giovanili. La crisi delle vocazioni è anche la crisi della "vocazione", sentita per l'aspetto per cui dà l'identità personale. Diminuisce il tasso di dimensione vocazionale anche in altre forme, matrimonio incluso. Su questo varrebbe la pena di riflettere.
Precisazione di mons. Claudio Giuliodori: sono stati applicati dei criteri rigorosi per i delegati e solo per i giovani è stata applicata un'eccezione per una delegazione di 40 giovani. I giovani sono protagonisti della preghiera in Cattedrale.

Prof. Lorenzo Ornaghi: a Marco Politi. Sembrerebbe oggi che se si intende affermare con forza l'identità è difficile gettar ponti... La questione identità non è questione solo italiana. Un po' tutti i paesi dell'occidente si trovano ad avere a che fare con questa questione. Tale alternativa così secca è talvolta frutto di schemi di pensiero un po' vecchi. La stessa azione politica ci metterà di fronte ad una soluzione di questi temi che inevitabilmente ci obbligheranno alla mediazione.

Dott. Savino Pezzotta: la premessa: non vorrei essere condannato a fare il Sindacalista tutta la vita. E' difficile giudicare una cosa che non ho seguito direttamente.


Ancora domande: interpretazione della prolusione del Card. Tettamanzi come opposta ai "teo-con".

Domanda a Pezzotta: divario nord-sud una nuova idea per rilanciare la questione.

Risposte.
Card. Tettamanzi: a proposito della meditazione di questa mattina: “La Chiesa è a rischio… sono i cristiani che tutti i giorni sono a rischio e salvati da Gesù Cristo” Sant’ambrogio vedeva la Chiesa immacolata ma quando guardava a se stesso sottolineava la differenza tra la Chiesa e i cristiani. Il libro del Santo Vangelo ci dà la vita, come credenti abbiamo una carta costituzionale e sono le beatitudini evangeliche. Tutto questo alla fine interessa ciascuno di noi. Il problema da questo punto di visto va posto in termini profondissimamente e in maniera inalienabile a livello personale.
Circa i “Teo-con”: il card. Tettamanzi è allergico alle sigle e a etichette a lui preme la sostanza. Cerca sempre di fare riferimento al Vangelo e al buon senso. Sono i criteri che la Gaudium et Spes indicava alla Chiesa “sub luce evangelii et experientiae humanae”.
Infine la parrocchia è fatta anche dal parroco, da religiosi e religiose ma è fatta dai laici e questo ruolo dei laici non ha bisogno di essere riaffermato ma riconosciuto e goduto.
Circa l’ambito della politica: l’ambito della politica interessa tutti quanti. Tutti devono parlare e tutti devono tacere. A tutti è richiesta una parola specifica rispetto al ruolo e impegno che ha, come è richiesto il momento di silenzio. Il pluralismo chiede di essere rivisitato da un’unità profonda poiché il riferimento ai valori non è ininfluente dalle forme concrete. Il pluralismo non è un valore in sé e per sé ma valido solo se nasce da una condivisione dei valori, come dinamica delle differenze. Savino Pezzotta diceva che la comunione ha un suo luogo e questo è l’ambito della comunità cristiana e non la politica. Rimanere in questo ambito può aiutare non poco affinché il pluralismo non sia dispersivo ma costruttivo.

Dott. Savino Pezzotta: la fondazione nascerà alla fine di novembre e quindi non è ancora presidente. Lo scopo è di infrastrutturazione sociale riferita agli ambiti della nuova economia, volontariato, no-profit e collaborazione. E’ importante per il mezzogiorno infatti lì stanno nascendo una molteplicità di iniziative da parte dei giovani proprio in questi ambiti che sono lavorativi, della cura, si pensi al progetto poliporo che danno vita a una creatività alle realtà giovanili del mezzogiorno. La scelta fatta dal terzo settore e dalle fondazioni bancarie va in questa direzione. Noi abbiamo bisogno di riprendere il discorso sulla divaricazione territoriale del nostro paese. Il rischio di avere un paese scisso in due. Uno dei compiti che oggi hanno i cattolici è di vedere come affrontare la questione della divaricazione territoriale per essere protagonisti oggi nella dinamica europea.

Dott.ssa Paola Bignardi: un terzo del tempo del convegno è dedicato ai lavori dei gruppi. Questo convegno non si può dire che non abbia dedicato tempo all’ascolto. Si augura che possa divenire un modello anche per molte parrocchie.

Prof. Lorenzo Ornaghi: risponde alla questione di Alberto Bobbio. Il prof. Ornaghi aveva sottolineato l’apatia e il disinteresse che coinvolge la politica nella sua vita, apatia che riguarda il grado di legittimazione di un sistema politico. E’ una questione strutturale indipendentemente da chi va a governare. L’urgenza di un contributo da parte dei cattolici per tornare a fare capire anzitutto ai cattolici come orizzonte non solo competitivo.



 
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