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2011 |
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Sono stati trovati 91 audio
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08 lug 2011
Ciclo di incontri:
Chi l'ha visto? Cinque tappe per un'inchiesta sempre nuova su Gesù di Nazaret
don Silvio Barbaglia
La prima tappa dedicata alla ricostruzione storica verosimile della vita di Gesù a partire dalle testimonianze canoniche dei Vangeli ha voluto rintracciare la possibilità di un accordo tra le narrazioni di Mt e di Lc portando gli ascoltatori ad immaginare uno scenario alquando diverso rispetto alla poesia sul Natale nata e cresciuta all'interno della pietà popolare e della storia dell'arte. L'analisi profonda dei testi infatti permette di confermare uno scenario giudaico coerente nel collocare le narrazioni evangeliche che portano in sé non solo elementi per ridire la storia ma anche gli estremi per ripensare come veniva allora raccontata una storia.
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15 lug 2011
Ciclo di incontri:
Chi l'ha visto? Cinque tappe per un'inchiesta sempre nuova su Gesù di Nazaret
don Silvio Barbaglia
Occorre ripensare le classiche categorie di "vita nascosta" e "vita pubblica" di Gesù. Viene proposto di mutarle in "vita non documentata" e "vita documentata", al fine di ipotizzare attraverso quel che abbiamo di documentato il pezzo che manca. Il procedimento è semplice, quello della competenze acquisite e documentate. L'esercizio di una competenza richiede l'acquisizione della stessa. Gesù viene così inserito nell'ambito di formaizone scribale e categorizzato nel contesto degli "uomini di DIo" che l'AT individua essenzialmente nelle figure di Mosè, Elia ed Eliseo, uomini la cui parola era potente e capace, essendo Parole di Dio, di mutare anche la storia, gli eventi e le cose. Ne scaturisce un ritratto alquanto inedito sul quale riflettere.
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22 lug 2011
Ciclo di incontri:
Chi l'ha visto? Cinque tappe per un'inchiesta sempre nuova su Gesù di Nazaret
don Silvio Barbaglia
Attraverso l'ampia documentazione dei quattro Vangeli si cerca una prospettiva di sintesi che collochi l'attività di Gesù in un arco di tempo ben più ampio rispetto ai tradizionali tre anni della vita pubblica. Ma soprattutto si cerca un contatto con al città santa di Gerusalemme che i Vangeli Sinottici collocano solo al termine della sua esistenza mentre Giovanni la considera importante in tutta la sua attività. Il rapporto con Gerusalemme decide del significato stesso del senso dell'attività di Gesù.
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29 lug 2011
Ciclo di incontri:
Chi l'ha visto? Cinque tappe per un'inchiesta sempre nuova su Gesù di Nazaret
don Silvio Barbaglia
La rilettura dell'episodio dell'entrata di Gesù in Gerusalemme acclamato dalle folle viene riletto a distanza di circa sei mesi dall'ultima Pasqua di Gesù, in occasione della festa delle Capanne nel mese di Tishri. Questo ha permesso di reinterpretare la tensione in crescita provocata dallo scontro con le autorità giudaiche nell'area del Tempio dove ogni giorno Gesù si recava per interpretare le Scritture. L'ultima cena e gli episodi della cattura, del giudizio, della condanna, della crocifissione e del sepolcro sono così riletti entro una luce nuova.
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05 ago 2011
Ciclo di incontri:
Chi l'ha visto? Cinque tappe per un'inchiesta sempre nuova su Gesù di Nazaret
don Silvio Barbaglia
L'itinerario si chiude con il capitolo più complesso, quello della resurrezione e del significato che tale annuncio poteva avere nel linguaggio religioso del I sec. della nostra era e nel nostro linguaggio contemporaneo. Il percorso di comprensione si mostra molto impegnativo ma foriero di prospettive capaci di scrutare il luogo della relazione fontale che Gesù aveva sperimentato nel suo rapporto con l'Adonay, il Dio d'Israele chiamato da lui "Abbà". Tale rapporto, condiviso e comunicato ai suoi discepoli, diviene il luogo della comprensione alta dei contenuti giovannei riportati nei discorsi e nelle azioni di Gesù. In modo per tenere unita verosimiglianza storica con creazione della testimonianza evangelica.
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Marco Setttembrini
- L’amministrazione persiana della provincia di Yehud
- Modelli di lettura dei dati archeologici ai fini di una ricostruzione sociologica
- Compatibilità dell’esistenza di un’attività letteraria
- Ci sono “scuole”?
- Un’attività letteraria a Gerusalemme o in Mesopotamia?
- Il valore dello scritto
- Alla ricerca di un potere simbolico
- Oralità e scrittura
La provincia di Yehud è governata alla stregua delle satrapie di Babilonia, Egitto e Asia Minore. Non ci sono organi di auto-governo e gli ufficiali locali – sacerdoti compresi – hanno scarso potere. La comunità postesilica, dispersa nella regione collinare centrale di Giuda, è costituita in prevalenza da una popolazione rurale e non necessita di un’aristocrazia urbana (Carter 1999; Hoglund 2002).
Si può tuttavia concepire l’esistenza di un’attività letteraria anche in una provincia di dimensioni ridotte o in una città come Gerusalemme. Gli scribi sono infatti impiegati a tutti i livelli dell’amministrazione della provincia come pure nel tempio, utilizzato per facilitare la raccolta del tributo da versare al Gran Re. Il personale impiegato dall’amministrazione persiana poteva talvolta coincidere con il personale del tempio ed essere di famiglia sacerdotale o levitica. Al di fuori del tempio e dell’amministrazione achemenide non vi erano verosimilmente molti scribi indipendenti, data la situazione di mera sussistenza della maggior parte della popolazione (Schams 1998; Carter 1999).
Secondo alcuni autori il centro economico politico della zona non sarebbe costituito da Gerusalemme bensì da Samaria. In Gerusalemme non ci sarebbero a loro avviso le condizioni economiche per sostenere un’attività letteraria; alcuni sacerdoti risiedono a Gerusalemme ma altri vivono fuori della città. L’attività scribale sarebbe pertanto meglio concepibile nella diaspora, in Mesopotamia, dove i giudei sono economicamente ben integrati (Zwickel 2008).
Da un punto di vista strettamente archeologico, si ricorda come i ritrovamenti di archivi/biblioteche siano condizionati dai contesti climatici (le regioni secche dell’Egitto o del Mar Morto hanno favorito la conservazione) e dal materiale scrittorio (le tavolette di argilla e gli ostraka sopravvivono assai meglio dei reperti papiracei o in pelle). Archivi di età persiana sono stati rinvenuti a Elefantina, a Arad, in Samaria e a Idalion (nell’isola di Cipro); in area persiana e in area occidentale non sono state rinvenute biblioteche (Pedersén 1998; 2009).
L’epoca achemenide conosce verosimilmente processi di collezione e di redazione di testi sostanzialmente già composti e consolidati in epoca precedente. Si fissano tradizioni di natura orale e scritta, attribuendo una rinnovata importanza allo “scritto” (Niditch 1996; Schniedewind 2004; Carr 2005). Si contribuisce così alla creazione di un sistema culturale di riferimento per la comunità giudaica e all’affermazione di un potere simbolico distinto dal potere imperiale (Berquist 1995; Cataldo 2009).
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Dibattito avviato sulle due relaizoni di Ida Oggiano e di Francesco Bianchi.
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Francesco Bianchi
0. La relazione intende delineare la presenza ebraica nel multiforme mosaico dell'impero achemenide; se la diaspora caratterizza innegabilmente l'età ellenistica e romana, è però vero che la dominazione neobabilonese prima e quella achemenide ne rappresentano un presupposto necessario: ciò ne rende necessario un esame approfondito sia dal punto di vista della presenza ebraica locale considerata nei suoi aspetti storici, sociali, economici sia in quelli religiosi con particolare riferimento al rapporto con Gerusalemme. Breve esame linguistico dei termini "esilio" e "diaspora" in ebraico e greco.
1. La presenza ebraica nell'impero achemenide si inserisce in un quadro di longue durée, poiché la dominazione neossira prima e quella neobabilonese poi avevano causato lo spostamento di giudaiti e israeliti in Assiria, Media e Babilonia. Il primo passo consiste perciò nel riassumere le magre fonti disponibili sugli esiliati del regno del Nord insediati in Assiria alla fine dell'VIII sec. a.C. Le dieci tribù perdute assumeranno un valore quasi mitico che si riverbererà nella letteratura giudaica apocalittica e in quella cristiana. Delineerò poi la presenza ebraica in Babilonia dovuta alle tre deportazioni del 592, 586 e 582 a.C. e dopo averne valutato la consistenza numerica, presenterò i documenti storiografici più importanti, alcuni ben noti (la tavoletta Weidner che menziona il re di Giuda Geconia), le fonti relative alla banca degli Egibi che permette di valutare l'interazione coi nuovi padroni e soprattutto alcuni testi cuneiformi, di recente pubblicazione, provenienti dalla colonia giudaica di Al-Yahudu. Dall'esame di questi testi e dal confronto coi testi biblici (lettera di Geremia agli esiliati, il salmo 137, il libro di Ezechiele) illustrerò la distribuzione geografica dei deportati, le loro strutture sociali ed economiche, le caratteristiche religiose della comunità giudaita (emergere del monoteismo, endogamia, digiuni, sabato, le figure di Abramo e Daniele). A conclusione di questo paragrafo mi soffermerò sul rapporto fra gli esiliati e Gerusalemme, (libro di Ezechiele, Deutero-Isaia).
2. L'età achemenide - Con l'entrata di Ciro il Grande a Babilonia (539 a.C.) si apre un periodo di quasi duecento anni che rappresenta l'inizio della diaspora vera e propria. Nella sostanza l'editto di Ciro con il quale si chiude il secondo libro delle Cronache e si apre il libro di Esdra, aldilà delle questioni relative alla sua "autenticità", coglie bene la nuova situazione: la possibilità di ritornare a Gerusalemme o di restare nella diaspora. I documenti biblici tradiscono bene questa dialettica insistendo da una parte sui tre ritorni a Gerusalemme, ma lasciando intravedere dall'altra la presenza di un gruppo deciso a restare a Babilonia. Di esso danno contezza sia alcuni documenti sparsi dell'epoca di Dario I sia soprattutto i documenti economici della Banca Murashu che si estendono per tutto il V sec. a.C. Gli 800 testi rivelano la presenza di una piccola, ma intraprendente comunità giudaita che, suddivisa in tre clan, abita nella regione di Nippur e partecipa alla vita economica prendendo in affitto terreni, creando piccole attività economiche, lavorando anche nell'apparato burocratico. Dall'onomastica dei testi e da alcune operette deuterocanoniche (Bel e il Drago, Tobia, Susanna), l'ultimo Bickermann suppose che fra i giudaiti di Babilonia dopo una fase di sincretismo si sarebbe progressivamente affermato un monoteismo rigoroso ed esclusivista con importanti riflessi anche sulla Giudea e su Gerusalemme. Che valore ha oggi questa ipotesi in rapporto con i ritorni di Zorobabele (fine VI sec. a.C.) – cfr. i libri profetici di Aggeo e Zaccaria 1-8 – e la missione di Neemia (V sec. a.C.)? e che rapporto esiste fra diaspora e madrepatria?
3. La presenza ebraica in Egitto - Il paragrafo analizzerà la nascita della diaspora egiziana in relazione ai documenti provenienti dalla colonia militare di Elefantina: i testi permettono di presentare uno profilo sufficientemente chiaro della vita sociale, economica, religiosa della colonia. In relazione a questo ultimo aspetto ci soffermeremo sul papiro pasquale (festa di Pasqua e rapporti con Gerusalemme) e sulla corrispondenza relativa alla ricostruzione del tempio di Elefantina (AP 30). Le due edizioni del libro di Geremia rispecchiano probabilmente la polemica della diaspora babilonese e palestinese contro quella egiziana che appare meno legata alle leggi di purità, all'endogamia. Le figure di Giuseppe e di Mosè come rappresentanti di questa diaspora.
4. Arabia - Tenterò di presentare le possibili attestazioni di una presenza ebraica in Arabia settentrionale – ben attestata in età romana e tardo-antica - a partire dalla dominazione neobabilonese (regno di Nabonedo), anche in relazione alla composizione del libro di Giobbe.
5. "La diaspora della miseria" - Sulla scorta di alcune allusioni bibliche e di studi di geografia economica e sociale cercherò di verificare se in Giudea emerga un fuoriuscitismo per ragioni economiche nella zona confinaria di Lod e della Transgiordania e sulle sue conseguenze sociali e religiose (il libro di Rut). In questo ambito ricadono probabilmente tutti quei giudaiti venduti schiavi e dei quali si occupa sia il libro di Neemia sia il libro di Gioele.
6. "Nel mare grande" - Sulla base del libro di Abdia e di alcune testimonianze epigrafiche provenienti da Sardi questo paragrafo presenterà alcune prove sulla presenza di una diaspora in Asia Minore (nella regione di Sardi) e nelle isole dell'Egeo (sinagoga samaritana a Delo).
7. Gerusalemme - A conclusione di questa rassegna cercherò di delineare la "nuova Gerusalemme" che nasce dalla dialettica fra diaspora e madrepatria: mentre le visioni profetiche celebreranno la larghezza e la bellezza ideale di Gerusalemme, la città è proposta dal sacerdozio (con il consenso dell'autorità persiana?) come meta di un pellegrinaggio auspicato per tutti i giudaiti fuori dai confini della patria, come metropoli ebraica e centro dell'universo. Ripresa del tentativo di centralizzazione attuato da Giosia o influenza dei modelli mesopotamici? I cosiddetti Salmi dell'ascesa, i salmi 120-134, composti probabilmente in epoca persiana, vengono a rappresentare una sorta di vademecum per il pellegrino che sale verso la città. Nella loro brevità questi salmi esprimono una fede incentrata sul monoteismo, sul Dio creatore, sulla vita familiare benedetta da una prole numerosa, sul desiderio di fratellanza e sull'esaltazione di Sion e di Davide. Si tratta di temi piuttosto generici, condivisibili da tutti i giudaismi, che preparano l'emergere del pellegrinaggio a Gerusalemme nell'epoca tardoellenistica e romana.
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Ida Oggiano
In età persiana i territori della Fenicia, della Filistea, d’Israele e di Giuda, e della Transgiordania furono inseriti nella satrapia chiamata Transeufratene. La regione, ampia e diversificata per tipi di risorse e tradizioni culturali, pur nell’esistenza di comuni matrici culturali, vide l’affermazione di alcune tendenze sulle quali si intende soffermarsi.
La costa fu protagonista di un fenomeno di fioritura che portò da una parte alla “fenicizzazione” delle regioni rivierasche, sia siriana che palestinese, dall’altro alla sempre maggiore connotazione in senso cosmopolita dei centri costieri, dove, al di là delle direttive politiche e dell’orientamento culturale delle classi dirigenti, risiedevano Fenici, Aramei, Filistei (ad esempio Ashkelon, città filistea appartenente a Tiro), Ebrei ma anche Greci, Egiziani e, in misura assai minore, Persiani. Le regioni interne del Levante rimasero ai margini di questo fenomeno tutto costiero: la Siria e la Transgiordania, pur mantenendo un livello di ricchezza ben testimoniato archeologicamente dai resti delle aree urbane e delle necropoli, furono ridotte a terre di transito, mentre la Giudea, uscita schiacciata dal confronto con la potenza mesopotamica che ne aveva devastato il territorio, già cronicamente povero di risorse, doveva fare i conti con la difficile situazione creatasi all’interno della sua compagine etnica e sociale in seguito al ritorno degli esuli da Babilonia. Nell’area palestinese il 450 a.C., corrispondente all’istituzione delle provincie di Šomron e Yehud, è considerato convenzionalmente il momento del passaggio al periodo persiano, anche se il processo che portò alla definizione dei caratteri principali della cultura palestinese tra metà V e IV secolo ebbe inizio già a partire dagli anni finali del VI secolo.
L’intervento si propone come una sintesi storico-archeologica, organizzata per tematiche tese a descrivere la situazione dell’area giudaica di età persiana come parte di un più ampio insieme documentario, quello della satrapia appunto.
IL RUOLO DELL’ARCHEOLOGIA COME FONTE NELLA RICOSTRUZIONE DELLA STORIA ANTICA DI ISRAELE: L’ETÀ PERSIANA IN YEHUD E GERUSALEMME.
Le fonti a cui si attingerà saranno principalmente quelle archeologiche (rapporti di scavo, surveys, cultura materiale – dalla ceramica alla coroplastica, alla glittica alla numismatica etc.) ed epigrafiche, lasciando l’esame del testo biblico agli altri interventi in programma.
L’età persiana nell’area siro-palestinese è stata considerata a lungo terra incognita ed è da tempo al centro di numerose ricerche. Per l’area palestinese in particolare si può notare che l’attenzione degli studiosi, per molto tempo concentrata sulle testimonianze del periodo salomonico e dell’età d’oro precedente l’intervento assiro, si è oggi spostata a comprendere nel dibattito relativo al rapporto tra testi e archeologia anche il momento storico immediatamente successivo all’intervento babilonese e l’età persiana nella provincia di Yehud.
Si esamineranno in questa sede le posizioni di quanti utilizzano ancora la Bibbia in modo acritico per l’interpretazione dei dati archeologici (da Z. Zevit a E. Mazar) e di quelli che invece rivendicano con forza una autonomia della disciplina archeologica al fine di evitare, nell’indiscriminato e non sempre “innocente” incrocio dei dati testuali e archeologici, la circolarità di argomenti e l’uso della disciplina archeologica unicamente come strumento per la dimostrazione delle diverse teorie storiografiche (I. Finkelstein, in particolare).
Gli esempi a cui si farà riferimento sono il ruolo della ricognizione archeologica (surveys) nel ridimensionamento del cosiddetto “mito” della terra desolata e il ruolo dello scavo archeologico nella valutazione dell’estensione di Gerusalemme in età persiana.
TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DELL’ORGANIZZAZIONE POLITICA, MILITARE, ECONOMICA
Partendo dai dati relativi all’organizzazione politica, militare ed economica della satrapia, si passerà ad esaminare l’organizzazione dello spazio urbano e del territorio, anche in rapporto alle indagini sulla consistenza demografica, in particolare per la provincia di Yehud.
La costruzione e/o ricostruzione di città è ben documentata e si datano a questo periodo interventi di pianificazione degli spazi urbani e installazioni portuali artificiali.
Nella ristrutturazione dei centri urbani una certa importanza ebbe la costruzione e/o ristrutturazione degli impianti fortificati e portuali. La temperie politica di quegli anni, lo scontro con il mondo greco, la funzione svolta dai centri costieri di facciata commerciale e militare dell’impero persiano resero necessario lo sviluppo sia di un sistema fortificato che di impianti portuali nei centri urbani costieri (dove si sviluppò una industria cantieristica che si dedicò alla costruzione di potenti flotte).
Resti di fortificazioni sono stati identificati a Biblo, Beirut e Sidone (queste ultime testimoniate dalle iconografie monetali). Il rafforzamento dei sistemi fortificati urbani è peraltro attestato in area palestinese, sia nella costa che nella regione interna: Akko aveva un circuito murario che fu distrutto nel 312, in occasione della presa della città da parte di Tolomeo I e, secondo alcuni, Gerusalemme, intorno al V sec. a.C., fu ricostruita come cittadella fortificata e con una struttura templare su podio che richiama quella della coeva documentazione di Biblo.
Il benessere economico dei centri costieri di questo periodo fu legato alla funzione militare che essi svolsero nell’ambito del confronto tra la Persia e la Grecia ma anche allo sviluppo demografico delle aree rivierasche dovuto allo spostamento di vari strati della popolazione all’interno del territorio della satrapia. I centri costieri divennero veri e propri poli di attrazione per la gente che abbandonò le regioni interne dell’area siro-palestinese, ridotte sovente ad esclusive aree di pascolo per effetto della politica persiana che tendeva a promuovere l’agricoltura intensiva nelle aree irrigue.
La vera grande innovazione nell’economia della regione fu l’introduzione del sistema monetale, stimolata dal rapporto col mondo greco che caratterizzò anche le sue modalità d’impiego (limitata al commercio coi Greci e per il pagamento delle truppe ellenistiche arruolate nell’impero persiano). Per quanto riguarda la monetazione di Yehud si farà riferimento al noto conio con il “God on the Winged Wheel” in cui è raffigurata una immagine divina da alcuni interpretata come possibile rappresentazione antropomorfa di Yahweh.
TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DELLE INNOVAZIONI NELL’ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO URBANO
Si esamineranno le forme di organizzazione dello spazio urbano che in età persiana fu caratterizzato da un lato dalla costruzione di impianti urbani regolari con suddivisione areale in senso funzionale (con zone agricole e quartieri artigianali e portuali) e una evidente regolarità nella disposizione degli isolati abitativi (con riferimento a centri come Tell Suqas, Al Mina, Biblo, Beirut, Sidone e, nell’area costiera palestinese, Abu Hawam, Acco, Dor e Shiqmona) e dall’altro da un nuovo rapporto tra città e territorio.
TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DELLE ATTIVITÀ CULTUALI
Verranno esaminate le testimonianze archeologiche utili a ricostruire gli aspetti cultuali della regione che, ad esclusione della regione giudaica, fu ampiamente influenzata culturalmente dall’area fenicia come si evince, in relazione alla tipologie dei rituali, dalla straordinaria omogeneità di oggetti utilizzati per onorare in forma simile divinità che avevano nomi e funzioni differenti. Si ricorderanno le strutture templari dell’area costiera (Tel Michal – Makmish) e quelle più interne (l’edificio di culto all’interno dell’insediamento fortificato di Mizpe Yammin) con le testimonianze delle strutture templari di Lachish (importante centro amministrativo di età persiana che ospitava il cosiddetto Solar Shrine), di Tel Dan (dove il santuario dedicato al “dio che è in Dan”, come viene chiamata la divinità titolare del culto in una bilingue greco-aramaica, era in uso da tempi antichissimi) e del Monte Gerizim (dove gli scavi condotti da I. Magen hanno portato all’individuazione, al di sotto dell’imponente recinto sacro di età ellenistica, che ospitava il principale luogo di culto dei Samaritani, di resti di strutture databili alla prima metà del V secolo).
Si esamineranno inoltre le altri classi artigianali che possono fornire informazioni sui culti praticati (in particolare la coroplastica proveniente dalle molte favisse ritrovate nella regione fenicia e palestinese).
Si presenteranno quindi alcune riflessioni conclusive, fondate sui dati archeologici e gli elementi religiosi e sul rapporto tra i culti israelitici e giudaici e quelli praticati da Fenici, Filistei Ammoniti, Moabiti, Edomiti.
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
L'ampio dibattito si è diffuso su diversi aspetti delle relazioni della mattinata.
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Gian Pietro Basello
– Quadro sintetico sulle modalità del governo achemenide nei territori subalterni e sulla politica religiosa. Si rimanda all’intervento di Piras.
– I popoli-paesi nell’ideologia achemenide. Mentre l’iconografia neo-assira insiste sulla rappresentazione del nemico sconfitto, ucciso e seviziato, i rilievi achemenidi dal Fars (Persepoli, Naqsh-e Rostam) pongono l’accento sulla collaborazione dei popoli-paesi nel sostenere, alla pari dei Persiani, il re nella sua opera di mantenimento dell’ordine e del benessere [Briant 1996, cap. 12]. Pur trattandosi di un’operazione ideologica, è interessante notare la volontà di distinguere e identificare i singoli popoli-paesi, sia tramite l’indicazione del rispettivo nome nelle tre lingue dell’epigrafia achemenide, sia tramite i tratti distintivi dell’abbigliamento. All’iconografia si affiancano nelle iscrizioni reali [Lecoq 1997] le liste di popoli-paesi (iscrizioni DB, DNa, DPe, DSaa, XPh), i popoli-paesi portatori di specifiche materie prime (iscrizioni DSf e DSz) e l’uso di un lessico della multi-etnicità (“re dei popoli di tutte le razze”). Un’interessante assonanza con le liste achemenidi si riscontra tra l’altro nella lista di popoli della Pentecoste (Atti 2) [Basello 2002].
– Il topos della restituzione delle genti alle proprie dimore. Tra i ca. trenta popoli-paesi elencati nelle iscrizioni achemenidi non compaiono gli ebrei. Questa mancanza, pur non escludendo che l’amministrazione achemenide percepisse il popolo ebraico nella sua individualità, merita alcune riflessioni, soprattutto alla luce dell’interpretazione del Cilindro di Ciro in riferimento al ritorno in patria degli ebrei, sulla scorta di Isaia 45 e altri passi biblici. L’analisi testuale del Cilindro di Ciro mostra che le affermazioni ivi contenute rientrano in un topos ideologico delle iscrizioni reali che si può ritrovare, con un lessico diverso, anche nell’iscrizione XPh (cosiddetta “iscrizione dei daiva” di Serse).
– La “tolleranza religiosa” achemenide. Com’è noto, alcune tavolette in elamico da Persepoli attestano l’uscita amministrativa di beni “per gli dèi” [Henkelman 2008]. In alcuni casi viene nominato esplicitamente Ahuramazda a fianco di altre divinità, tra cui il dio elamita Humban. Queste tavolette sono state considerate come prova della tolleranza e del sincretismo religioso achemenide. Da un lato bisogna chiedersi quanto le moderne suddivisioni in pantheon avessero effettivo valore distintivo, dall’altro quanto la registrazione amministrativa corrispondesse ad un effettivo atto cultuale; infine, bisognerà valutare quanto l’evidenza del Fars possa essere applicate alle altre aree controllate dagli achemenidi. Alcuni passi (“gli altri dèi che sono”, “Ahuramazda, il dio degli arii” e “gli elamiti che non adorano Ahuramazda”) dell’iscrizione del re Dario a Bisotun confermano la percezione della diversità. Un breve cenno sarà fatto all’interpretazione cultuale del palazzo 3 di Dahan-e Gulaman nel Sistan.
– I rapporti tra centro e periferia secondo l’archivio di Persepoli. L’archivio amministrativo di Persepoli, principalmente redatto in elamico ma con una cospicua presenza di tavolette in aramaico, riguarda principalmente l’area del Fars [Briant et al. 2008]. In alcuni casi però le tavolette registrano gli spostamenti di funzionari importanti (satrapi e tesorieri) provenienti o diretti alle regioni più lontane del regno [Giovinazzo 2005]. Studiando questa evidenza è possibile farsi un’idea dei rapporti di potere tra centro e periferia, confermando l’esistenza di un sistema di controllo efficiente e ben cadenzato nel tempo. A margine, si discuteranno alcuni passi del libro di Esdra (tra cui Esdra 1,8) che sembrano riprendere alcune formule amministrative attestate nelle tavolette di Persepoli.
– La documentazione achemenide nei territori subalterni. Non è sempre facile riconoscere in una cultura materiale locale la presenza di elementi achemenidi [Briant & Boucharlat 2005]. Per questo si preferisce sempre più parlare di ‘orizzonte achemenide’ più che di ‘cultura achemenide’ man mano che ci si allontana dal Fars. Ciononostante, gli achemenidi lasciarono tracce del loro controllo. Quelle più macroscopiche sono la presenza di iscrizioni reali in luoghi simbolici come Bisotun, Suez, il monte Elvend presso Hamadan, Van. Il ritrovamento di una versione aramaica dell’iscrizione di Bisotun a Elefantina testimonia ancora la divulgazione ideologica del discorso del re [Rossi 2000]. Non meno rilevante è la documentazione periferica più varia, come la lettera di Gadata in Ionia, le bulle di Daskyleion in Frigia [Kaptan 2002] e la scoperta, recentemente annunciata da Sh. Shaked, di documenti amministrativi aramaici dalla Battriana [Shaked 2004]. La sintesi di questi dati, ancorché lacunosa, conferma da un lato la capillare formazione di élites legate alla dinastia achemenide nei centri locali, dall’altra la pervasività dell’ideologia regale per controllare le masse [Briant & Chauveau 2009]. Purtroppo la documentazione in nostro possesso non ci aiuta a delineare in modo esaustivo l’immagine che i popoli subalterni ebbero della dominazione achemenide. I libri biblici sono forse i testimoni più eloquenti della fortuna che ebbero alcuni sovrani achemenidi, perpetuandone un’immagine positiva che ritroviamo, tra i tanti esempi, negli arazzi del XVI sec. con le storie di Ciro oggi esposti al Museo Bagatti Valsecchi di Milano.
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Andrea Piras
1. Multiculturalità dell’Impero Persiano
2. Il centro del potere e le periferie: “tolleranza” e sottomissione
3. Legittimazione mitico-religiosa del potere regale
4. Zoroastrismo e mazdeismo degli Achemenidi
5. Persia e popolo ebraico: paralleli e divergenze di culture in contatto
1. L’impero persiano degli Achemenidi (558-330) è un’entità statale di grande interesse per le scienze storiche dell’antichità. La sua complessità multietnica, multireligiosa e multiculturale costituisce un soggetto di indagine dove rintracciare complesse dinamiche di un potere centrale e centripeto che non fu mai, tuttavia, pienamente dispotico e tirannico, ma che anzi seppe organizzare una sapiente rete di controlli, che attraverso una differenziata catena di comando era in grado di strutturare gerarchie e ruoli di una infrastruttura imperiale, vigile e attenta nel cogliere disubbidienze e rivolte contro la legge del re achemenide. E in questa efficace rete burocratico-amministrativa si espresse di certo una delle più accorte strategie di un potere non invasivo ma presente, nella deterrenza come pure, quando occorre, nella spietata e crudele punizione del colpevole, del rivoltoso il cui agire menzognero si colora di tinte demoniache, in quanto la Menzogna coincide con la ribellione.
2. Ad esclusione di tali soluzioni estreme, che dovevano risanare l’offesa della trasgressione alla legge del re, la politica culturale e religiosa dell’impero achemenide fu improntata a “tolleranza” e mantenimento delle tradizioni epicoriche, dei culti, delle consuetudini giuridiche, amministrative, economiche e sociali, in modo tale che una molteplicità etnica (estesa dall’Egitto all’India) poteva essere sinfonicamente accordata intorno alla figura del sovrano, focus di una irradiazione di mansioni e di gerarchie che da lui promanava e a lui doveva rendere conto.
3. Dalle fonti primarie iraniche dell’epigrafia risalta una visione del mondo, una ideologia, in cui la preminenza del dio supremo Ahura Mazda, e la sua grandezza, sono l’archetipo della preminenza del sovrano. La specularità non è comunque identità: il riflesso non è indizio di divinizzazione e la distanza è sempre mantenuta, in una relazione di appartenenza e di famigliarità (amicizia) ma in un limite che non viene oltrepassato. Il sovrano è vicario ed esecutore della volontà divina, oltre ad avere un ruolo nella gestione del sacrificio che viene compiuto per la terra di Persia e per il suo popolo. La preminenza di Ahura Mazda non elimina comunque una molteplicità di dèi che compaiono ellitticamente o menzionati, più tardivamente, sotto Artaserse II.
4. Se è vero che non si può negare un mazdeismo achemenide, più difficile è postulare una piena adesione degli Achemenidi allo zoroastrismo, sebbene sia innegabile che un certo ethos, ancorché riplasmato in senso politico, rimandi indubbiamente a nozioni e concetti presenti nel testo sacro zoroastriano (Avesta): la nefandezza della Menzogna, i daiva (falsi dèi), l’Ordine (arta). Questo non implica una ortodossia di collegi sacerdotali (i Magi) chiusi, che furono invece eclettici e versatili in questa fase di una cultura achemenide aperta a contaminazioni e acculturazioni con le più antiche tradizioni di scienza, cultura e religione del Vicino Oriente. E’ ugualmente da rigettare l’ipotesi di forzate mazdeizzazioni, in accordo a quel rispetto e convivenza di fedi e culti (che non confliggessero coi voleri regali) che fu una caratteristica di questo periodo, diversamente da quanto accadrà in epoca sassanide.
5. La limitatezza delle fonti per quanto concerne il rapporto con il popolo di Israele, a seguito della cosiddetta “liberazione dalla cattività babilonese”, nella fase del giudaismo post-esilico, non ci consente di tracciare una mappatura certa di interazioni fra le due culture. La ricerca iranologica su temi centrali della storia religiosa che possano aver avuto una qualche incidenza sul mondo ebraico - quali l’escatologia, l’apocalittica, l’angelologia e la demonologia, la magia - non riesce a stilare una partita doppia di corrispondenze esatte e certificabili. Il caso della soteriologia, centrata sulla figura del re persiano, potrebbe forse suggerire ulteriori nessi interpretativi, da aggiungersi alla sentenza del Deuteroisaia su Ciro “unto del Signore”: la ideologia achemenide del potere carismatico del sovrano, rappresentante di Dio in terra, sembra che abbia sviluppato un’aura mitico-epica di concezioni che ponevano il re al centro di attese, in una dissolvenza tra mito e storia, nella caratterizzazione mistico-politica dei Salvatori, monarchi evergetici e restauratori che suscitarono speranze messianiche nel Vicino e nel Medio Oriente. Il contesto delle iscrizioni achemenidi tratteggia questi carismi di una regalità soterica, destinata a una lunga durata, che nei secoli tramandò il lascito della ideologia achemenide nell’epoca partica e in quella sassanide: dove, in quest’ultima, la natura messianica delle attese ebraiche di salvezza politica, al tempo della conquista sassanide di Gerusalemme (VII secolo), ancora una volta guardò al “re dei re” persiano Cosroe II come salvatore e restitutore della città al suo popolo.
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Gian Luigi Prato
Prato ricorda dal Testamento di Giobbe, che i Persiani fossero amici degli Ebrei.
La commissione preparatoria del convegno ha cercato di focalizzare il tema della relazione tra prospettiva biblica e prospettiva storica reale. Nella storia biblica di epoca persiana si coglie una sorta di "buco nero". Si coglie come tra gli oracoli contro le nazioni non compare l'oracolo contro la Persia. La "zona" persiana di per sé non è né più né meno ricca di altri periodi delle storie dell'impero persiano. L'importanza che quest'epoca storia verrebbe ad assumere sul piano latterario - epoca di composizione della gran parte dei testi biblici - è oggi rimessa fortemente in discussione.
A noi non interessa lo status degli studi iranistici ma è più rilevante ricordare quelle ricerche che focalizzano i rapporti tra centro di potere e periferie con le satrapie e studiare la logica del governo e della gestione del potere. Così si dà risalto alla panoramica della zona siro-palestinese. Si è evidenziato così come l'ambiente palestinese sia collegato alla cultura fenicia. Anche la pubbicazione dei papiri di Samaria ha reso possibile ricostruire la situazione economica e politica di quella regione.
Anche le ultime pubblicazioni hanno carattere concordistico. La politica persoana viene ancora sfruttata per sottolineare l'originalità del monosteismo biblico, oppure gli stessi testi biblici o apocrifi vengono usati non solo per ricostruire l'ambiente bibico di questo periodo ma anche dati dell'impero persiano. I testi biblici funzionano meglio quando sono studiati come rappresentativi di quel periodo storico. Altri studi sono più sensibili alla documentazione storica di epoca persiana, entro modelli più plausibili, società coloniale o in rleazione alla "politeia" greca. Occorre tenere conto di una più nutrita documentazione.
Tra i temi importanti: la società gerosolimitana e il suo aspetto religioso. Come studiare l'identità giudaica formata in questo periodo? Che ha avuto molte conseguenze anche sui periodi successivi. Anche chi ritiene che l'identità di Israele si sia formata prima pensa comunque che l'impronta definitiva è derivata da questo preciso periodo cosiddetto "persiano".
Vari sono i cicli scritturistici che si pensa elaborati in questo periodo, dalla figura di Mosè e il ciclo dell'Esodo fino alle novelle contenute nella Scrittura.
Partire dal centralismo ebraico sarebbe fuorviante, perché è ciò che va spiegato! E' dunque necessario delineare il periodo storico persiano a partire dall'orizzonte.
Il tema del Convegno è formulato dall'intervento chiesto a Ciro in favore di Giacobbe. Qui vengono illustrate le relazioni in programma nel convegno.
E' fondmamentale cercare di ricostruire il contesto entro il quale inserire alcuni testi come figurazione del Satana di Giobbe o che "per invidia del diavolo il male è entrato nel mondo" di Sapienza.
Prato passa ad introdurre la mattinata con la presentazione del prof. Andrea Piras.
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05 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Luca Mazzinghi
Il presidente prof. Luca Mazzinghi dell'ABI legge in apertura il testo fondamentale messo nel titolo del COnvegno, Is 45 sulla figura di Ciro, re di Persia.
Il presidente dà il benvenuto ai "vecchi" soci dell'ABI ma anche ai nuovi o ai nuovissimi soci senza tralsciare anche chi non è socio. Il cuore dell'associazione, sottolinea, è l'attività di studio scientifico delle Scritture, secondo lo spirito del Concilio Vaticano II, in specie la Dei Verbum.
Questi convegni di AT e NT sono il cuore dell'attività dell'ABI, accanto alla Settimana biblica nazionale, entrambi a cadenza biennale: tale è il "cuore della vita associativa". L'ABI deve essere anzitutto questo e dette occasioni sono il punto focale dell'attività e gli iscritti in questa edizione hanno superato ogni più rosea aspettativa per entrambi i Convegni di AT e NT. Siamo ad Assisi e Francesco, si dice, che "faceva raccattare ogni frammento che riportava qualche passo della Bibbia". Il metodo nostro è diverso rispetto ai tempi di Francesco, il nostro approccio alla Bibbia è storico e critico. L'esegesi non può non essere critica e non può non essere storica: la Bibbia è Parola di Dio calata nella storia! E questa interpretazione critica e storica è continua, un compito senza fine.
Alla luce della Dei Verbum l'esegesi per il fatto di essere storica è di per sé teologica (DV 13).
Il lavoro che si compie quindi è un compito teologico e tuttavia non può esaurirsi qui il nostro scopo. I padri greci dicevano che il testo doveva essere posto a disposizione del popolo di Dio.
Il presidente Mazinghi richiama al termine lo stile partecipativo del Covegno: liberi nel dibattito per arricchire la discussione e la ricerca.
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06 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Si presentano le pubblicazioni che fanno capo all'Associazione Biblica Italiana: Parole di Vita; Ricerche Storico Bibliche; Rivista biblica. Presenta don Luca Mazzinghi e don Angelo Passaro.
Viene presentata la proposta del Festival Bibblico di Vicenza e il progetto "Gesù il Nazzareno a Gerusalemme" (da sabto 14 a sabato 21 luglio 2012).
Innocenzo Cardellini presenta una sua sintesi personale alla discussione svolta fin qui.
Il prof. Piras risponde.
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06 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Dibattito tra i due relatori sulla redazione della Torah e in specie del Deuteronomio e della prospettiva deuteronomista. Così pure sull'evoluzione della lingua e del suo uso, lingua che generalmente viene detta ebraico "biblico".
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06 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Augustinus Gianto
In seguito a uno sguardo panoramico sui tratti linguistici che distinguono l’ebraico dalle altre lingue semitiche strettamente apparentate, tratteremo i seguenti argomenti:
1. Un quadro linguistico della Siria-Palestina durante la prima metà del primo millennio a.C., in cui l’ebraico emergeva come la lingua delle tradizioni politico-religiose del popolo d’Israele. Questo era il contesto storico-letterario dello sviluppo dell’ebraico nei tempi che seguono fino alla fine dell’esilio.
2. La situazione linguistica durante il tempo della restaurazione era del tutto diversa dalle epoche precedenti. L’ebraico letterario si restringeva sempre di più alla vita religiosa delle comunità dei giudei residenti nella provincia persiana di Yehud, cedendo il suo ruolo nelle comunicazioni formali e amministrative all’aramaico, ormai diventata la lingua ufficiale. Dall’altra parte, l’ebraico parlato continuava a svilupparsi in una situazione di contatto linguistico con l’aramaico. Così si creò una diglossia nella società con abitanti prevalentemente bilingui.
3. Nel frattempo in queste comunità si avviò un’attività letteraria per riscoprire la propria identità storico-religiosa. Ricostruivano, servendosi sempre dell’ebraico, il passato in base alle tradizioni esistenti. In questa situazione furono fatte le raccolte di testi più importanti che definiscono la religione d’Israele. In alcune cerchie di intellettuali la ricostruzione del passato fu rivolta al futuro, dando origine al linguaggio escatologico-apocalittico. Si sono sviluppati anche nuovi registri letterari, come per es. i “discorsi” dei leviti e il linguaggio “critico-sapienziale” che si differenzia dalla sapienza tradizionale.
In conclusione, l’ebraico con tutta la sua varietà, serviva come lingua letteraria per conservare il patrimonio storico-religioso comunemente accettato dalle comunità dei giudei da quel tempo in poi. Così l’ebraico diventò l’ebraico “biblico” nell’epoca persiana.
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06 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Félix García López
La caída de Jerusalén y el destierro en Babilonia sumieron a los judíos en una crisis político-religiosa de una envergadura sin precedentes en su historia nacional. En el mundo antiguo, la deportación significaba el final de una identidad colectiva. Con la pérdida de la patria desaparecían los escenarios del recuerdo y corría el riesgo de que los deportados se disolvieran en su nuevo ambiente, como les ocurrió a tantas etnias antiguas. Los judíos escaparon a esta regla general, resistiéndose al olvido de su pasado y construyendo una nueva identidad.
La memoria y la escritura jugaron un papel decisivo en la configuración de la identidad hebrea. En los períodos neo-babilónico y persa, las elites judías profundizaron en sus raíces, repensaron sus tradiciones, reelaboraron y crearon algunos de los escritos bíblicos más significativos.
Entre éstos, cabe destacar el libro del Deuteronomio, uno de los documentos bíblicos más importantes en lo referente a la identidad hebreo-judía. Los israelitas que vivan conforme a las enseñanzas de este libro nunca olvidarán de dónde vienen, quiénes son y quiénes serán. El Deuteronomio es el texto fundacional de una nueva forma de recuerdo y de religión, que vuelve superfluos los lugares externos de la memoria, a la par que da luz a un «Israel» del espíritu.
Aunque en el Deuteronomio primitivo no se aborda el problema de la escritura, éste pasa a primer plano en los estratos más tardíos del libro. Por eso, nuestra primera tarea será ahondar en la memoria y en la escritura en el libro del Deuteronomio, especialmente en algunos textos exílicos y postexílicos, con el fin de reconstruir la identidad hebrea propia de aquella época.
Este planteamiento nos llevará en segundo lugar a la Historia Deuteronomista, de modo especial a la historia de Josías, donde se narra la el descubrimiento de un documento escrito, olvidado y recordado, tradicionalmente identificado con el Deuteronomio.
Luego, abordaremos la Obra Cronista, donde el libro del Deuteronomio, complementado y enriquecido con otras tradiciones, adquiere una nueva dimensión: la Torá de Yahvé / Moisés o Pentateuco. A partir de Esdras, la Torá / Pentateuco se convierte en la Carta Magna del judaísmo. La Torá escrita es el corazón de la tradición de la Comunidad del Segundo Templo; en ella, se conserva la memoria cultural hebrea al mismo tiempo que se configura la carta de identidad del judaísmo.
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07 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Maria Brutti
La ricerca si svolge secondo due direttrici, che si inseriscono nello sviluppo del tema più generale del convegno e nella metodologia di lavoro proposta nell’introduzione al tema stesso.
Il primo punto riguarda la situazione politica della Giudea: è possibile accertare storicamente, sulla base del confronto con la politica e l’amministrazione dell’impero achemenide negli altri territori sottomessi, se la provincia persiana di Yudah godesse di una certa forma di autonomia?
Le fonti bibliche ed extrabibliche, anche nelle testimonianze archeologiche, sembrano documentare l’esistenza di governatori e di sommi sacerdoti. In particolare il sommo sacerdozio sarà oggetto di attenzione nella ricerca, allo scopo di meglio determinare il ruolo e la funzione di questa istituzione.
Ad esempio, quale era il rapporto tra il governatore e il sommo sacerdote? Si possono individuare le rispettive competenze delle due figure? E’ possibile accertare l’emergenza di un regime sacerdotale in Gerusalemme durante l’età persiana? Esisteva un potere anche di tipo giurisdizionale politico per il sommo sacerdote come, a parere di alcuni, sembra suggerire un documento proveniente dai papiri di Elefantina (petizione a Bagohi)?
Oltre a questo, l’indagine si volgerà a considerare l’eventuale presenza di altre istituzioni, a partire dall’interrogativo se ci fu un coinvolgimento di élite locali nel governo della Giudea. In particolare la gerousia o consiglio degli anziani, e gruppi di diverso orientamento politico e religioso. Ma anche l’importanza della classe degli scribi sarà considerata.
L’attenzione data primariamente alle fonti extrabibliche non escluderà il riferimento alle fonti bibliche (Esdra-Nehemia, Cronache, alcuni profeti) quando esse possano costituire un elemento utile di confronto per la ricostruzione storica. Ai fini di questo lavoro il problema riguardante le liste dei sommi sacerdoti (vedi VanderKam) non godrà di una attenzione primaria, in quanto si fonda su dati ampiamente problematici e ipotetici. Si terrà comunque conto dell’evoluzione degli studi in questo senso, ma solo come sfondo alle problematiche che riguardano soprattutto la presenza e l’evoluzione storica dell’istituzione del sommo sacerdozio in età persiana.
Il secondo punto sul quale si focalizzerà la ricerca sarà il problema riguardante il centralismo normativo del Tempio di Gerusalemme. L’ipotesi dello stato-tempio di Weinberg costituirà solo il punto di riferimento del tentativo di ricostruzione storica, a partire da alcuni interrogativi.
In che senso si può parlare di centralità del Tempio di Gerusalemme in epoca persiana? Il concetto di “centralità” ha un significato solo ideologico oppure ha un fondamento storico? Il Tempio di Gerusalemme continua ad avere una funzione normativa?
Knowles, in uno studio del 2006, parla di “centralità della pratica” ad indicare che il Tempio continuò ad essere il punto di riferimento della pratica del culto. Fino a che punto questa affermazione è sostenuta dalla documentazione esistente? In che modo il periodo dell’esilio ha influito sulla concezione della centralità del Tempio di Gerusalemme e sulla diversificazione di posizioni all’interno del Giudaismo riguardo al culto e alle pratiche ad esso collegate: sacrifici, uso dell’incenso, pellegrinaggio etc.?
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07 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Paolo Sacchi
N.B.: Il prof. Sacchi non acconsente alla pubblciazione dellla audioregistrazione della sua relazione.
Cercherò di fare una sintesi dell’evoluzione del pensiero ebraico dal tempo dell’esilio a quello delle origini cristiane. Il metodo è quello della storia del pensiero, tipico dei manuali di storia della filosofia. Sarà una sintesi di miei lavori precedenti. Un primo paragrafo riguarderà la situazione culturale degli ebrei in Babilonia: la cultura della corte in esilio e quella degli esiliati nella bassa Mesopotamia, separati dalla corte. I problemi aperti.
Del V-IV secolo ricorderò la raccolta della tradizione ordinata da Neemia (2 Macc 13-[14]). L’opera è certamente legata al Tempio e al suo sacerdozio. Delineerò poi le varie opposizioni al sistema sia quelle le cui opere sono diventate scrittura in tutte le tradizioni giudaiche e cristiane, sia quelle le cui opere sono state tramandate soltanto da chiese cristiane in maniera non unitaria. Cercherò, così, di definire il concetto “mobile” di apocrifi e di delineare la teologia dei primi, in senso cronologico, di questi. Sono i libri con rivelatore Enoc, che hanno una teologia nettamente diversa dalle teologie accettate nel tempio, che possono essere dette sadocite. I testi enochici portano in Israele alcune novità destinate a turbare fortemente lo scorrere del pensiero ebraico: le novità più interessanti sono il peccato degli angeli ribelli con le sue conseguenze e l’idea, che possiamo definire dell’immortalità dell’anima, cioè di un quid dell’uomo destinato ad essere giudicato da Dio per la salvezza o per la dannazione eterne.
Nelle tensioni del II sec. a.C. i problemi costituiti dalle innovazioni enochiche esplodono ed esigono risposte che con le loro affermazioni dividono il mondo giudaico aggiungendosi agli interessi politici. Delineerò la posizione di due libri coevi e di segno opposto, chiaramente due apocalissi, il libro di Daniele e il Libro dei Sogni. Hanno, però, in comune la visione di un futuro regno di Dio, che verrà dopo il grande Giudizio e sarà governato da un personaggio particolarissimo. Ai problemi interni della dialettica giudaica si aggiunge l’inquietudine di coloro che cercano il migliore inserimento possibile degli ebrei nel tessuto economico e culturale dell’epoca. Nasce il “partito” degli ellenizzanti. E’ in questa atmosfera che prende forma la teologia essenica, una sorta di fusione di idee enochiche e di idee sadocite in funzione antiellenistica. I testi qumranici ne sono una testimonianza radicale e diretta.
Un quadro delle idee e dei problemi che giravano al tempo di Gesù chiuderà il mio intervento.
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07 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Veterotestamentari
Gian Luigi Prato
Elementi di conclusione al Convegno di AT offerti dal prof. Gian Luigi Prato
1) Il mondo persiano non indica alcun riferimento di Israele
2) La visione che scaturisce dai testi biblici può essere inquadrato nel mondo iranico.
3) In questo quadro tenendo conto delle complessità del territorio siro-palestinese e in areee con presenze ebraiche documentate ha potuto formarsi una memoria culturale che non solo accentua ma si identifica con lo scritto, anche dal lato linguistico, quasi un ebraico forgiato ad hoc. Anche la categoria di esilio, categoria storiografica, si riporta a questo. Esistono varie concezioni di esilio nel mondo biblico. Quindi la creazione della rottura è stata la condizione positiva per creare questa memoria.
4) Ciò significa non tanto che le memoria e l'identità sono state messe nello scritto ma che la memoria sono lo "scritto", è esso stesso che diventa la realtà che rappresenta, diventa l'Israele biblico, apre la via per una migliore collocazione per un'attività letteraria senza entrare nei dettagli della sua genesi. Questo non significa che tutta l'attività letteraria vada collocata in quell'epoca.
5) Una delle conseguenze di questo progetto di formazione è ripartire dallo scritto per una riformulazione "etnica" di Israele. Questa identità etnica nella misura in cui la si può ridire diriva dallo scritto, l'Israele si identifica come una letteratura ed è una realtà che appare come unitaria. Il modo con cui si autopresenta in senso unitario scatirisce da questi presupposti. Anche il NT gioca su questa categoria pseudo-etnica quando parla di "tutto Israele".
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08 set 2011
Ciclo di incontri:
Convegno di Studi Neotestamentari e Anticocristiani
E' seguito alle due relazioni del pomeriggio un dibattito in assemblea
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